“Il comitato interministeriale per l’edilizia penitenziaria presieduto dal ministro Salvini proprio ieri ha stanziato 166 milioni di euro per la realizzazione di nuovi istituti penitenziari. Di questi, circa 100 milioni di euro saranno destinati alla realizzazione di nuove carceri: realisticamente 1000/1500 posti detentivi fra 10 anni, se ci sarà il personale per aprirle. Se questi 100 milioni fossero destinati dalla legge di bilancio in discussione in queste ore a un fondo per l’esecuzione penale esterna, da ripartire tra le regioni, si potrebbero accogliere almeno 10.000 persone che oggi sono in carcere, grazie all’impegno di regioni e comuni.”
Così il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, nel corso della conferenza stampa di presentazione della proposta di legge per l’istituzione delle case territoriali di reinserimento sociale che vede come primo firmatario Riccardo Magi (Più Europa).
“Questa – ha proseguito Anastasìa – è la differenza tra una soluzione pragmatica, praticabile ed efficace contro il sovraffollamento che prefigura la realizzazione delle case per il reinserimento sociale che qui viene proposta, e la continua ripetizione dell’identico, vale a dire il solito, inutile stanziamento per nuove carceri che arriveranno a babbo morto”.
Le case territoriali di reinserimento sociale
La proposta di legge n. 1064, nata dal lavoro della Società della Ragione, è stata presentata da Magi e sottoscritta anche dai parlamentari Benedetto Della Vedova, Enrico Costa, Devis Dori, Roberto Giachetti, Federico Gianassi, Debora Serracchiani e Luana Zanella, i quali chiedono un confronto con il ministro della Giustizia Carlo Nordio, per verificare se la proposta può entrare nei progetti del governo. La proposta è finalizzata a istituire strutture alternative al carcere, volte ad accogliere le persone detenute che stanno scontando una pena detentiva anche residua non superiore a dodici mesi. Una riforma di questo tipo potrebbe interessare oltre 7200 persone su una popolazione detenuta che sfiora le 59 mila unità, attenuando così in maniera significativa il sovraffollamento cronico del sistema penitenziario italiano (superiore al 125 per cento sulla capienza effettiva, al 30 ottobre).
Nel corso della conferenza stampa è stato ricordato che la proposta delle case di reinserimento sociale nasce da un’idea di Alessandro Margara, magistrato scomparso nel 2016, autore della riforma penitenziaria nota come legge Gozzini, nell’ambito di una più generale proposta di riforma dell’ordinamento penitenziario. Franco Corleone, già parlamentare italiano ed europeo e sottosegretario alla Giustizia, Il Garante delle persone detenute del Comune di Udine, ha ricordato l’esperienza delle 500 case mandamentali, istituite nel 1941 e pressoché tutte dismesse nel 2008, in cui erano detenute le persone in attesa di giudizio per reati lievi, oppure condannate a pene fino a un anno, ed ivi trattenute in una gestione che Corleone ha definito “familiare”. “L’esperienza delle case mandamentali – ha ricordato Corleone – fu chiusa, perché si pensava che la riforma avrebbe portato a una maggiore applicazione delle misure alternative”.
L’idea di proponenti è quella di nuove strutture sul territorio, di capienza limitata, compresa tra cinque e quindici persone, che sarebbero istituite d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sentiti i Comuni, dando così concreta attuazione al principio costituzionale della finalità rieducativa della pena, con lavori di pubblica utilità e progetti che coinvolgano figure di educatori, psicologi e assitenti sociali, e altre attività cogestite con enti del Terzo settore.