Venti anni fa la Regione Lazio approvava la prima legge istitutiva della prima autorità Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale. Venti anni fa il Sindaco di Roma nominava il primo Garante delle persone private della libertà. Venti anni dopo, quasi tutte le regioni italiane hanno istituito una figura di garanzia delle persone a diverso titolo private della libertà, e così otto tra Province e Città metropolitane e quasi sessanta Comuni. Vent’anni dopo, e ormai da sette anni, è in piena attività il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, che assolve anche alle funzioni di Meccanismo nazionale di prevenzione alla luce del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione delle Nazioni unite contro la tortura.
Un processo bottom-up, come è stato definito, che ha progressivamente realizzato una rete di garanzia e tutela non giurisdizionale dei diritti delle persone private della libertà che non era immaginabile quando nel 1997 l’associazione Antigone, grazie alla preveggente intuizione del suo attuale presidente, Patrizio Gonnella, propose l’istituzione di un “difensore civico per i detenuti”, poi diventato “garante” e sperimentato – appunto – dal basso, dai Comuni, dalle Province, dalle Regioni, fino ad arrivare all’istituzione del Garante nazionale.
Domani, mercoledì 15 novembre, nell’Aula Giulio Cesare del Campidoglio, Roma Capitale, d’intesa con la Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà, promuove un incontro celebrativo “tra storia e prospettive”, sui Garanti territoriali, il loro ruolo e la loro funzione in un contesto da allora assai mutato. Vi parteciperanno il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, il Garante nazionale in carica, Mauro Palma, il presidente dell’ANCI Antonio Decaro, il delegato della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative regionali, Gennaro Oliviero, e, naturalmente, la Presidente dell’Assemblea capitolina Svetlana Celli e il Sindaco di Roma Capitale, Roberto Gualtieri.
L’occasione sarà propizia per una riflessione sia sul ruolo degli enti territoriali nella privazione della libertà e nell’esecuzione penale, sia di quello specifico dei Garanti da essi nominati.
I Garanti territoriali nascono come sperimentazioni locali di una figura che si voleva nazionale, ma nella esperienza di questi vent’anni hanno fatto emergere l’importanza degli enti territoriali in materia. Per stare solo al mondo del carcere: non si danno divieto di trattamenti contrari al senso di umanità e finalità rieducativa della pena senza l’accorto esercizio da parte delle Regioni e degli Enti locali delle proprie competenze in materia di prevenzione e assistenza sanitaria, programmazione e gestione dei servizi sociali, anagrafici, di formazione e inserimento lavorativo. L’articolo 27 della Costituzione chiama tutte le amministrazioni pubbliche, statali e territoriali, a una responsabilità repubblicana. Per questo i Garanti territoriali sono essenziali alla efficacia del sistema penitenziario: non solo come attori di prossimità, che condividono con il Garante nazionale il monitoraggio delle condizioni di detenzione e l’onere di rispondere ai reclami e alle doglianze delle persone detenute, ma anche come “cani da guardia” delle responsabilità proprie degli Enti di cui sono espressione.
Per questo la sperimentazione dei Garanti territoriali delle persone private della libertà non è finita con l’istituzione del Garante nazionale, ma è andata integrandosi con essa, per aumentare il livello di garanzia delle persone private della libertà e l’accountability delle amministrazioni che vi sono deputate. Alle Regioni, alle Province e ai Comuni la responsabilità di assicurare indipendenza, autonomia ed efficienza dei Garanti da loro nominati; sui garanti ai Ministeri della giustizia e dell’Interno quella di aprirsi alla leale collaborazione istituzionale degli Enti e dei Garanti rappresentativi delle comunità territoriali per il perseguimento dei principi e dei fini costituzionali condivisi.