A quasi un anno dalla sentenza della Corte costituzionale che ha giudicato illegittima la norma dell’ordinamento penitenziario che obbliga al controllo visivo sui colloqui affettivi dei detenuti e delle detenute con i propri partner, nulla è cambiato. E’ quanto denuncia il Comitato esecutivo del Coordinamento nazionale dei magistrati di sorveglianza che sottolinea come “la persistente assenza di colloqui affettivi intimi della persona detenuta con il partner, contribuisce ad ostacolare le finalità rieducative e risocializzanti della pena”.
I giudici di sorveglianza evidenziano come questa sia una delle criticità del sistema penitenziario afflitto dal “permanente e gravissimo sovraffollamento carcerario, oltre alle strutturali carenze di personale all’interno degli istituti penitenziari, così come nei tribunali e negli uffici di sorveglianza, che di conseguenza stentano a provvedere con la dovuta tempestività sulle istanze dei detenuti”.
Tornando alla sentenza della Consulta , secondo i giudici, il persistere dell’impossibilità per il detenuto di esprimere una normale affettività con il partner si traduce in un vulnus alla persona nell’ambito familiare e, più ampiamente, in un pregiudizio per la stessa nelle relazioni nelle quali si svolge la sua personalità, esposte pertanto ad un progressivo impoverimento, e in ultimo al rischio della disgregazione”.
Ad oggi, proseguono i giudici, in nessun istituto penitenziario del Paese è stata data esecuzione alla decisione della Consulta per questo si richiede all’Amministrazione penitenziaria di dare “un pronto adeguamento ai dettami costituzionali”.