“Ho aderito molto volentieri a questa iniziativa giusta e opportuna non solo come docente universitario di filosofia del diritto, ma anche e forse direi soprattutto come Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio: da questo punto di vista vorrei parlare, a partire appunto dall’emergenza carceraria, e dall’ufficializzazione sul sito del ministero della Giustizia dei dati relativi alle presenze in carcere al 31 ottobre di quest’anno in Italia: 62.110 persone, alcune centinaia di persone in più da quando il governo ha adottato il decreto sul carcere la scorsa estate”. Con queste parole il Garante Stefano Anastasìa ha iniziato il proprio intervento della manifestazione nazionale dell’Unione camere penali italiane “No al pacchetto sicurezza. Con la Costituzione in difesa del diritto penale liberale”, che si è svolta martedì 5 novembre a Roma.
Anastasìa ha rimarcato che gli effetti di tale decreto sono stati nulli sulla popolazione detenuta che è di circa quindicimila persone in più rispetto alla capienza regolamentare effettivamente disponibile. “Si tratta di una condizione di sovraffollamento che incide pesantemente sulle condizioni di vita delle persone in carcere”, ha dichiarato Anastasìa che ha poi parlato della situazione nel carcere romano di Regina Coeli, l’istituto penitenziario con il maggiore sovraffollamento nel Lazio: 192 per cento.
“Ho visto personalmente – ha proseguito a tale proposito Anastasìa – nell’estate scorsa l’occupazione delle aule scolastiche di Regina Coeli, affinché potessero essere disposte le brande per raccogliere le persone che non avevano più posto all’interno delle sezioni. Si tratta di condizioni di lavoro impossibili per il personale penitenziario, a partire dal personale di polizia cui pure il governo dice di voler mostrare una particolare attenzione, ma che essendo gravemente sotto organico fa nelle nostre carceri turni che possono arrivare anche a dodici sedici, ventiquattro ore. Nel carcere di Regina Coeli nel turno di notte c’è un poliziotto per sezione, responsabile delle condizioni di pernottamento di vita, di qualsiasi cosa può succedere di notte a circa cento, centocinquanta, anche duecento persone. Questa urgenza della questione carceraria imporrebbe scelte radicalmente diverse rispetto a quelle che pure sono state compiute dal governo con il decreto dell’estate scorsa”.
Anastasìa ha ricordato l’appello rivolto ai parlamentari, affinché “coraggiosamente si possa discutere di un provvedimento di clemenza, un provvedimento di amnistia e indulto, l’unica soluzione oggi per riportare le carceri in una condizione di legalità e quindi consentire alle persone detenute di vivere dignitosamente la loro detenzione e al personale penitenziario di poter svolgere dignitosamente il proprio lavoro”.
In merito al pacchetto sicurezza oggetto della manifestazione, Anastasìa ha evidenziato l’origine propagandistica del disegno di legge all’esame delle Camere, che vede norme come quella che introduce nell’ordinamento il reato di rivolta penitenziaria reato “che potrà essere imputato anche per fatti di resistenza passiva e non violenta e che quindi potrà diventare il veicolo della moltiplicazione degli anni di pena delle persone indisciplinate in carcere”.
L’appello al Senato
“Sono state contate ventiquattro nuove fattispecie penali dentro questo disegno di legge che moltiplicheranno anche gli anni di carcere e le presenze in carcere: l’esatto contrario di quello di cui noi oggi avremmo bisogno”, ha concluso Anastasìa, il quale ha sottoscritto il documento redatto all’esito della manifestazione, con l’appello conclusivo, a firma degli interventori, al Senato della Repubblica, affinché riconsideri le norme del pacchetto sicurezza del disegno di legge all’esame considerate incostituzionali o lontane dai principi del diritto penale liberale.
“Chiediamo al Senato di fare una seria e profonda riflessione sul tema dell’utilità di un intervento che si limita a introdurre nuove aggravanti, nuovi reati e nuovi aumenti di pena che, statisticamente e storicamente, sono incapaci di incidere sulla riduzione dei reati. Noi siamo qui perché crediamo profondamente che i diritti della persona, libertà, politici, civili, diritti e garanzie degli ultimi stiano e cadano tutti insieme, e che difendere i diritti e le garanzie degli ultimi significhi difendere i diritti e le garanzie di tutti noi”. Così il presidente dell’Unione camere penali italiane, Francesco Petrelli.