L’arte non ha sbarre, un progetto inclusivo che unisce la comunità

L'iniziativa comprende la realizzazione di murales sia all'interno che all'esterno della Casa circondariale di Rebibbia femminile
Il murale di Ettorre al Tiburtino III.

Il quartiere romano Tiburtino III si è riunito lo scorso 12 dicembre, per celebrare l’inaugurazione del murale realizzato dall’artista Edoardo Ettorre, dedicato a Caterina Martinelli, una donna che, nel 1944, perse la vita cercando di procurare del pane per i suoi figli.

L’iniziativa si colloca nel progetto realizzato dall’associazione “L’Arte non ha sbarre” insieme ad Agnese Panzieri, che comprende la realizzazione di murales sia all’interno che all’esterno della Casa circondariale femminile di Rebibbia femminile. Prodotto da MArtesocial, fa parte dei progetti speciali della Biennale MArtelive, con la direzione artistica di Giuseppe Casa.

L’opera dedicata a Caterina Martinelli è stata inaugurata in via dell’Erpice, con la partecipazione dell’assessore alla Cultura del IV Municipio di Roma Capitale, Maurizio Rossi, e della Garante delle persone private della libertà personale di Roma capitale, Valentina Calderone.

“Noi pensiamo sempre che le persone in carcere abbiano commesso chissà quali atrocità, sempre di più invece dovremmo renderci conto che il carcere è un luogo che raccoglie persone che fuori non hanno avuto altre possibilità.” Così la Garante Calderone.

“È fondamentale capire quanto invece questa gente ha un mondo dentro- ha proseguito Calderone -, ad esempio, uno dei murali fatti all’interno del carcere, rappresenta una spiaggia e le detenute hanno chiesto alla direttrice di mettere delle sdraio all’interno per immaginare di essere al mare! Ed è proprio questo il pregio dei laboratori d’arte nelle carceri, pensare di evadere da un ambiente grigio e pieno di problemi. Attraverso l’arte queste persone si vedono per la prima volta, si riconoscono e provano in qualche modo a trasformare la loro condizione attraverso il sentirsi finalmente costruttori di bellezza, dove di bellezza ce n’è davvero poca”.

Caterina Martinelli fu una donna coraggiosa. Partecipò alle manifestazioni insieme ai cittadini del quartiere contro lo stato di indigenza e fame in cui vivevano al Tiburtino III. Il 2 maggio 1944, durante un assalto avvenuto all’indomani delle manifestazioni del primo maggio, un agente della PAI (Polizia Africa Italiana), intervenuta per sedare il tumulto, la uccise con una fucilata. Caterina, madre di sei figli, cadde sul selciato con sei sfilatini nella borsa della spesa e una pagnotta stretta al petto: “Non so se Caterina sia stata una martire o un’eroina” ricorda Anna, l’unica figlia rimasta in vita della Martinelli in una lettera letta sempre da Rossi, “fu senza dubbio una mamma coraggiosa che sarebbe soltanto voluta tornare a casa dai suoi figli con del pane per sfamarli”.

Edoardo Ettorre, giovane street artist, è stato selezionato come “rivelazione 2023 sezione street art” del concorso MArtelive, selezionato dalla giuria di qualità e curato da Oriana Rizzuto e Antonella Sciarra dell’associazione Alinea, che ha seguito il processo creativo dell’artista.

I murales all’interno della Casa circondariale di Rebibbia femminile

L’arte non ha sbarre ha previsto anche una serie di laboratori e la realizzazione di murales all’interno della Casa Circondariale di Rebibbia femminile. Il progetto, curato da Oriana Rizzuto, vincitore del bando Vitamina G  promosso dalla Regione Lazio, è stato ideato per sensibilizzare tutti e tutte alle difficoltà della condizione carceraria ma soprattutto per evidenziare l’importanza delle iniziative e di come possano influire sulla formazione e la rieducazione dei giovani e delle giovani dentro le case circondariali. All’interno del carcere, le attività didattiche sono state seguite dalla psicoterapeuta Valentina Iavasile e condotte dalle artiste Tiziana Rinaldi Giacometti e Chiara Anaclio le quali si sono avvalse della collaborazione delle detenute, per realizzare due murales all’interno del carcere.

Tiziana Rinaldi Giacometti ha raffigurato una donna di spalle che cammina verso il futuro, tenendo per mano la sua bambina, simboleggiando la libertà e la prospettiva di vita, mentre l’opera di Chiara Anaclio rappresenta un giardino ideale, un segno di speranza per migliorare il percorso quotidiano delle detenute.

Il dipinto di una detenuta di Rebibbia.