Come conciliare le esigenze di sicurezza pubblica con condizioni di vita all’interno degli istituti di pena rispettose della dignità umana e dei diritti fondamentali della persona. Questo il tema al centro del convegno/dibattito “Garantire la giustizia. Corretta e giusta integrazione per la sicurezza”, al quale ha preso parte lo scoro 22 maggio il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasia.
All’iniziativa – organizzata dal Forum Giovani in collaborazione con l’associazione Gruppo Idee nell’aula Mechelli del Consiglio regionale del Lazio – sono intervenuti, tra gli altri, il presidente della commissione consiliare Vigilanza sul pluralismo dell’informazione Giuseppe Cangemi, il vice presidente della Regione Massimiliano Smeriglio, la vice presidente della commissione consiliare speciale sulle infiltrazioni mafiose e sulla criminalità organizzata nel territorio regionale Marta Bonafoni, il consigliere regionale Giancarlo Righini, il sottosegretario di Stato alla Giustizia Cosimo Maria Ferri, la direttrice della casa circondariale di Rebibbia – Nuovo Complesso Rosella Santoro e la direttirice della Casa circondariale di Regina Coeli Silvana Sergi.
Diversi gli argomenti affrontati nel corso del dibattito, tutti tesi ad approfondire l’aspetto delle iniziative che possono essere messe in atto per mitigare la nocività dell’ambiente carcerario e supportare il detenuto nel suo percorso di recupero. Si è parlato, in particolare, di diritto alla salute, all’affettività, alla libertà religiosa, allo studio, alla formazione e al lavoro e da più parti si è sottolineato come garantire idonee condizioni di vita all’interno degli istituti di pena contribuisca a evitare il rischio di isolamento del detenuto e permetta di facilitarne il reinserimento, riducendo di fatto il rischio di recidiva.
E’ stato anche sottolineato come la partecipazione a progetti culturali e sportivi costituisca un fondamentale momento di crescita personale per le persone in regime di detenzione e rappresenti allo stesso tempo un importante mezzo di interazione della popolazione carceraria con l’esterno. Si è inoltre richiamata l’attenzione sulla necessità di “fare rete” per accompagnare il detenuto nella fase di reingresso nella società, una volta scontata la pena e, a tale proposito, si sono ricordati i buoni risultati ottenuti dallo strumento del microcredito, che costituisce un aiuto concreto per gli ex-detenuti nella fase immediatamente successiva all’uscita dal carcere.
Nel corso del convegno si è fatto riferimento anche alla misura della sospensione del processo con messa alla prova, introdotta nel 2014 come modalità alternativa di definizione del giudizio che porta a una pronuncia di proscioglimento per estinzione del reato nei casi in cui il periodo di prova abbia esito positivo. Intervenendo su questo punto il Garante Anastasia ha sottolineato i buoni risultati dell’applicazione della misura, in particolare rispetto agli autori di reato minorenni, ma allo stesso tempo ha voluto evidenziare come “questa sperimentazione importante non risolva tutti i problemi” e ha ribadito che “rimangono delle difficoltà”. Prima tra tutte quella rappresentata dalla crescita dei numeri della popolazione carceraria: “nel Lazio abbiamo mille detenuti in più rispetto alla capienza delle strutture e in alcune realtà le presenze sono addirittura il doppio”. Il Garante ha poi ricordato che nonostante i risultati ottenuti in termini di tutela della salute carceraria con il passaggio delle competenze al servizio sanitario nazionale – e quindi alle Asl territoriali – c’è ancora la necessità di superare le criticità legate all’accesso delle persone detenute a visite specialistiche ed esami diagnostici che devono essere eseguiti all’esterno. Ha quindi concluso sottolineando come il principio sancito dal terzo comma dell’articolo 27 della Costituzione, secondo il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato rappresenti “un affare che non riguarda soltanto l’amministrazione statale ma che chiama in causa anche le Regioni. Queste sono infatti tenute ad assicurare i necessari interventi sanitari e a definire adeguate politiche sociali di avviamento al lavoro e di accoglienza nel territorio, politiche che facilitino concretamente il reinserimento. Dagli interventi che ho ascoltato oggi mi sembra che ci sia la voglia di affrontare questa sfida come una responsabilità comune dell’ente Regione e credo che questo rappresenti una grande opportunità”.