Venerdì 28 settembre si è tenuta nella sede del Consiglio regionale del Lazio l’audizione congiunta tra la I commissione affari istituzionale e sicurezza e la VII commissione sanità e politiche sociali sul caso della detenuta tedesca Alice Sebesta, che il 19 settembre, nel nido del carcere femminile di Rebibbia, ha ucciso i due figli di sei e diciannove mesi. All’audizione sono intervenuti il Garante Anastasia, e il dirigente della Direzione regionale salute e integrazione sociosanitaria, Gianni Vicario.
Il Garante Anastasìa, ha parlato di “caso unico nella storia penitenziaria che deve particolarmente allarmarci e sollecitarci a verificare cosa non ha funzionato, non per cercare responsabilità individuali, ma per individuare alcuni meccanismi che non funzionano”. Secondo il Garante, ci sono diversi ordini di responsabilità. “Uno – ha detto – attiene al fatto stesso che questa donna, madre di due bimbi così piccoli, fosse in carcere, misura prevista dal Codice solo in casi eccezionali, sappiamo peraltro che nel caso specifico i due coimputati erano in libertà provvisoria al momento della tragedia”. “In questo caso – ha aggiunto il Garante – dobbiamo considerare discutibile la scelta operata, anche perché prima della tragedia c’erano 16 bambini nel nido femminile di Rebibbia, mentre oggi apprendiamo che ce ne sono solo sei, in questa settimana sono state quindi trovate soluzioni alternative dai magistrati di sorveglianza e dai giudici. Questo dimostra che anche uno sforzo dell’Autorità giudiziaria può evitare che si verifichino circostanze come questa”.
La seconda questione, a giudizio di Anastasia, riguarda i venti giorni di carcerazione di Alice Sebesta con i suoi figli e attiene alle valutazioni scaturite dalle visite psicologiche effettuate sulla detenuta per vagliare lo stato mentale e le possibilità di compiere gesti autolesionistici. Secondo il Garante risulta la richiesta di una ulteriore visita psichiatrica di approfondimento che però non è stata effettuata. “Noi tutti – ha precisato – dobbiamo far sì che i servizi sanitari in carcere abbiano una capacità di tempestività di intervento e di presa in carico più sollecita”. Infine, Il Garante ha posto l’accento sul problema delle alternative al carcere, la possibilità cioè di avvalersi di strutture esterne che possano ospitare persone detenute che non hanno domicilio idoneo o, come in questo caso, in presenza di bambini.
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