Si è svolto nella casa di reclusione di Paliano un convegno sul percorso della salute mentale, sul rischio suicidario e sull’autolesionismo nei luoghi di detenzione, organizzato dalla direzione del carcere con la Asl di Frosinone e dedicato, nel 160° anno dell’Unità d’Italia, all’unificazione di un popolo e di un territorio al processo di integrazione di istituzioni complesse che si occupano dello stesso individuo. Come ha spiegato la direttrice dell’istituto penitenziario, Anna Angeletti, “è questo un primo momento di confronto verso la costruzione di una rete intersistemica e di un percorso da compiere insieme, in nome di un’umanità che ci viene affidata”.
Dopo i saluti del Prefetto di Frosinone, Ignazio Portelli, e della direttrice generale della Asl Frosinone, Pierpaola D’Alessandro, è intervenuto il Provveditore dell’amministrazione penitenziaria di Lazio, Abruzzo, Molise, Carmelo Cantone, sulle scelte in materia di rischio suicidario e sulla maggiore attenzione posta da un sistema consapevole che una media costante di 60 suicidi l’anno è superiore a quella degli altri paesi europei. La risposta è l’equipe multidisciplinare, con la sua capacità esponenziale di individuare i problemi, ha sottolineato Cantone. Gli interventi del direttore del museo del Risorgimento di Roma, Marco Pizzo, e della direttrice dell’istituto di Paliano, Angeletti, hanno illustrato l’evoluzione nei secoli del trattamento delle persone malate di mente, dal mito medievale della nave dei folli, ai quali non era consentito attraccare in alcun porto perché dovevano stare lontani da tutti, alle Residenze delle misure per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), passando per gli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg). La risposta della società alla follia del reo folle e del folle reo e il passaggio dalla pena vendicativa alla pena retributiva, nei codici penali italiani, sono stati al centro dell’intervento della direttrice Angeletti.
Il Garante dei detenuti della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, si è soffermato sui principi costituzionali della pena, che presuppongono il pieno riconoscimento dei diritti fondamentali delle persone detenute e internate. “Costruire un percorso di reinserimento sociale per i condannati e per le persone sottoposte a misure di sicurezza – ha detto il Garante, nel corso del suo intervento sul senso della pena e della giustizia – non è competenza esclusiva della giustizia, che ne ha certo la responsabilità principale e di coordinamento, ma impegna anche le Regioni e gli Enti locali, per le loro competenze dirette in materia di assistenza sanitaria e di sostegno all’inserimento sociale e lavorativo”. “L’importanza della sanità penitenziaria per la salute mentale del detenuto” è il tema affrontato da -Vincenzo Gentile, dirigente della sanità penitenziaria. Sulla costruzione di un modello intersistemico sono intervenute Teresa Mascolo, direttrice della Casa circondariale di Frosinone, e Antonella D’Ambrosi, responsabile della Uoc Dipendenze e psicopatologie in circuito penitenziario. Sono poi intervenuti Filippo Morabito, responsabile del Dsmpd, e Fausto Russo, psichiatra, responsabile della Uoc Csm A, B, C. Si è svolta infine la tavola rotonda “Cultura organizzativa e sensemaking: il senso di lavorare insieme”, alla quale hanno partecipato alcuni operatori con differenti profili professionali, ed è stato ascoltato un detenuto.