“L’uscita dalla pandemia è ancora gravida di incertezze e di problemi nelle carceri, nei Centri di permanenza per il rimpatrio, nei Servizi psichiatrici di diagnosi e cura, nelle comunità chiuse e nelle residenze socio-assistenziali. Il Garante nazionale ha nuovamente chiamato le amministrazioni competenti alle proprie responsabilità, affinché siano assicurati i diritti fondamentali delle persone in tutti i luoghi di privazione della libertà”. Così Stefano Anastasìa, Portavoce della Conferenza dei garanti territoriali delle persone private della libertà e Garante della Regione Lazio, a conclusione della presentazione della Relazione al Parlamento 2022 del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, che si è tenuta oggi nella Sala Capitolare di Palazzo della Minerva a Roma.
“Le indicazioni contenute nella Relazione annuale al Parlamento – ha proseguito Anastasìa – costituiscono uno stimolo e uno sprone per tutti i Garanti territoriali, nominati dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni, a esercitare al meglio le proprie funzioni”.
Alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’evento è stato aperto dalla Presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, la quale ha puntato l’attenzione sulla “annosa questione del sovraffollamento delle nostre strutture” sottolineando come, “nonostante gli importanti sforzi compiuti in questi anni, anche sul piano legislativo, per contenere i flussi in ingresso e allargare quelli in uscita dalle carceri, il numero delle persone attualmente detenute in Italia continua ad essere pericolosamente al di sopra dei limiti di capienza, con un tasso medio del 105/110% dei posti disponibili”.
Affollate, in condizioni inaccettabili per chi vi è ristretto e per chi vi lavora ogni giorno, inadeguate anche sul piano degli E’ quanto emerge dalla corposa relazione al Parlamento, illustrata da Mauro Palma, Garante nazionale delle persone private della libertà. Dei 54.786 detenuti registrati (ma quelli effettivamente presenti sono 53.793) e dei 38.897 che stanno scontando una sentenza definitiva “ben 1319 sono in carcere per esecuzione di una sentenza di condanna a meno di un anno e altre 2473 per una condanna da uno a due anni”.
Scontare in carcere pene così brevi in presenza delle quali il nostro ordinamento prevede forme alternative alla detenzione, spiega Palma, “è sintomo di una minorità sociale che si riflette anche nell’assenza di strumenti di comprensione di tali possibilità, di un sostegno legale effettivo, di una rete di supporto. Una presenza, questa, che parla di povertà in senso ampio e di altre assenze e che finisce col rendere meramente enunciativa la finalità costituzionale delle pene espressa in quella tendenza al reinserimento sociale: perché la complessa ‘macchina’ della detenzione richiede tempi per conoscere la persona, per capirne i bisogni e per elaborare un programma di percorso rieducativo”. Il Garante richiama anche l’attenzione sui suicidi carceri (29 a oggi a cui si aggiungono 17 decessi per cause da accertare) e sulle gravi vicende sulle violenze nelle carceri , come a Santa Maria Capua Vetere, che richiedono “capacità di accertamento rapido” e “rapida individuazione di responsabilità anche a tutela delle persone su cui pende una incriminazione così grave quale di tortura o quella altrettanto grave di favoreggiamento nei confronti di coloro che di tale reato sono imputati. I tempi non stanno andando in questa direzione” avverte il Garante che ha ritenuto “inaccettabile” nel caso di Torino il rinvio a giudizio nel luglio del 2023 per accertare quanto accaduto e le responsabilità.