Nel 2017, 2018 e 2019 ha condotto workshops e performances negli istituti di Latina e Rieti con il contributo del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio e ha realizzato “Pinocchio in prigione” negli istituti di Viterbo, Latina, Velletri e Rieti. Conduttrici della terza edizione di Senzaporte sono Maria Sandrelli, direttrice artistica dell’associazione King kong Teatro e responsabile del progetto, Laura Garofoli, attrice ed educatrice formatasi presso l’Accademia Ribalta di Enzo Garinei e l’Accademia Corrado Pani; Isabella Carle, attrice professionista formatasi alla National Academy of Theatre e Film Arts di Sofia e alla Scuola di cinema e doppiaggio Maldoror film di Roma, e Maria Chiara Pozzoni, attrice.
Come spiegano gli organizzatori, le sezioni dell’istituto penitenziario che possono partecipare ai laboratori sono individuate dalla direzione e dall’area educativa, anche in base alle attività che svolgono in altri ambiti. Una volta individuata la o le sezioni, la partecipazione è libera, gli interessati possono fare richiesta e vengono ammessi agli incontri. “In questo momento – spiegano gli organizzatori – alla Casa circondariale di Viterbo stiamo lavorando con la sezione protetta, mentre a Velletri con i comuni; caso a sé è la Casa di reclusione di Paliano, istituto per collaboratori di giustizia, dove la partecipazione è aperta a tutti gli interessati, anche alle poche recluse donne, volendo. L’attività proposta è costituita da quattro diversi momenti: riscaldamento fisico; riscaldamento vocale (respirazione diaframmatica e attivazione della maschera facciale); giochi teatrali sulla presenza e la concentrazione; composizione scenica”.
“I materiali di laboratorio da cui attingiamo – proseguono gli organizzatori – spaziano dall’attivazione del corpo in connessone con lo spazio attraverso esercizi di training teatrale a letture di poesie o haiku utili a suggestionare e stimolare fantasia ed immaginazione, per poi passare alla scelta di un testo, in genere un classico della letteratura teatrale, da utilizzare come traccia per la composizione scenica. Prediligiamo il racconto attraverso l’azione fisica, per questo il testo rimane un canovaccio su cui lavorare. Le parti da imparare a memoria sono molto esigue e semplificate, il racconto viene portato avanti dalle immagini che si costruiscono attraverso le azioni, questo è un nostro preciso modo di lavorare che ben si adatta alle diverse persone, spesso straniere, che partecipano ai laboratori, oltre al fatto che in alcuni casi la composizione del gruppo varia nel corso dell’attività, causa spostamenti e trasferimenti”.
Nelle ultime fasi delle performance finali al lavoro si aggiungono musicisti professionisti e tre attrici professioniste che si inseriscono come elemento di supporto alla creazione scenica che comunque rimane essenzialmente dei detenuti attori coinvolti.