“Purtroppo sempre più spesso la detenzione appare come un buco nero senza speranza. Ancora una volta, senza colpevolizzare nessuno, bisognerà capire cosa avrebbe potuto fare e cosa potrebbe essere fatto per prevenire altri suicidi”. Così il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Stefano Anastasìa, dopo aver appreso che un detenuto di trent’anni si è suicidato impiccandosi nel carcere di Regina Coeli a Roma. Si tratta del primo caso nelle carceri del Lazio nel 2023 e il secondo in Italia. I fatti risalgono allo scorso mercoledì 18 gennaio e sono avvenuti all’interno della VII sezione. Si tratta di un uomo di nazionalità libica, senzatetto, che si trovava in isolamento Covid.
L’uomo era entrato in carcere da tre giorni. Come da prassi, per Covid-19, si trovava in una stanza da solo e si è tolto la vita verso l’ora di pranzo. “Mi hanno riferito che il detenuto è stato seguito e ha visto gli operatori sanitari tutti i giorni – ha spiegato Anastasìa al quotidiano online Fanpage.it – Non c’erano a quanto pare indicatori che potessero far pensare al fatto che stesse nutrendo l’intenzione di lì a breve di togliersi la vita”.
Anastasìa pone l’attenzione sulle misure anti-Covid ancora in vigore nelle carceri: “L’isolamento in queste circostanze non aiuta, forse anche la normativa di prevenzione Covid ormai si potrebbe ripensare. Sacrosanto quando non c’erano le vaccinazioni ed eravamo in emergenza, forse oggi l’isolamento individuale si potrebbe evitare, perché rappresenta una condizione di rischio per il suicidio”.
L’anno scorso è stato l’anno peggiore in assoluto dei suicidi nelle carceri italiane, con circa 83 decessi. “Rispetto a questa situazione c’è un problema di carattere generale, che riguarda le condizioni in cui versano generalmente le carceri italiane – continua Anastasìa – Dopo la pandemia non è ancora trovato il modo di dare qualche forma di speranza e di futuro a chi si trova al loro interno. Nel caso di Regina Coeli parliamo di un carcere che in questo momento è in grandissima difficoltà, con un tasso di affollamento molto alto e circa la metà dei detenuti con condanne definitive, ma senza spazi e progetti idonei al loro reinserimento in società”.