Sono 740 i detenuti sottoposti al 41 bis, tra cui 12 donne, distribuiti in 60 sezioni all’interno di 12 istituti. È quanto emerge dal rapporto dedicato al regime speciale presentato oggi dal Garante nazionale per i diritti delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, in una conferenza stampa nella sede della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi). I reparti sono organizzati in gruppi di ”socialità”, cioè di possibile comunicazione tra persone detenute o internate, costituiti al massimo da 4 persone: è vietata la comunicazione tra appartenenti a gruppo di ”socialità” diverse.
Delle 740 persone sottoposte al 41 bis, 35 sono detenute nelle 11 ‘aree riservate’, circuiti speciali con ancora maggiori restrizioni: in essi, i gruppi sono ridotti a due o tre persone. Il numero di detenuti al 41 bis, inoltre, risulta essere pressoché costante nell’ultimo decennio: dal 699 del 2012 ai 740 del 2022, con una media di 731. Inoltre, tra i 740 in regime speciale, 613 hanno una condanna definitiva (159 in situazione mista, ma con almeno una condanna definitiva), 121 sono esclusivamente in misura cautelare, sei sono internate in misura di sicurezza in una struttura definita come ‘casa di lavoro’ e sottoposte anch’esse a tale regime.
Quanto alle pene definitive, ossia di coloro che non hanno un’altra posizione ancora aperta: 204 sono condannati all’ergastolo, 250 a pena temporanea. Un numero consistente di persone, rileva il Garante sottolineando che lo scorso anno sono state 28, rimane in regime speciale fino all’ultimo giorno di esecuzione della propria pena temporanea.
Nel Lazio le persone detenute in regime speciale ex articolo 41-bis si trovano nella Casa circondariale di Roma-Rebibbia – 44 di cui 2 al Sai per persone con disabilità e 1 ricoverato in ospedale – e 46 nella Casa circondariale di Viterbo.
Le indicazioni e le raccomandazioni del Garante nazionale
Il Garante nazionale invita preliminarmente a riflettere sulla possibilità di un limite massimo di durata della misura, sul rischio della sovrapposizione di tale regime con altre forme di separazione.
Analoga riflessione deve riguardare il mantenersi di un’ampia estensione numerica delle persone ristrette in tale regime negli ultimi dieci anni, che interroga indiscutibilmente sull’efficacia evolutiva di tale previsione normativa.
Il Garante nazionale raccomanda alle autorità responsabili, tra l’altro:
- che non si protragga il regime speciale previsto dall’articolo 41-bis co. 2 o.p. fino al termine dell’esecuzione di una pena temporanea;
- che siano abolite tutte le “aree riservate”;
- che tutti gli ambienti siano scrupolosamente riconfigurati in modo tale da permettere un sufficiente passaggio di aria fresca e di luce naturale, a partire dalla rimozione delle schermature delle finestre, salvi i casi limitatissimi in cui siano indispensabili a impedire il contatto con altri detenuti o con personale esterno;
- che siano ripensati e adeguati i cortili di passeggio in maniera da non incidere negativamente sulla capacità visiva e consentire effettivamente attività fisica e sportiva;
- che sia avviato con urgenza un percorso di alfabetizzazione e istruzione di base per coloro che ne fanno richiesta
- che siano adottati lettori di libri elettronici, in modalità ovviamente offline, in modo da consentire un maggiore accesso alla lettura e allo studio in condizioni di assoluta sicurezza;
- che sia reso effettivo in tutti gli Istituti l’accesso all’acquisto o all’abbonamento a organi di stampa, salvo preclusioni che siano giustificate individualmente dall’eventuale rischio di possibile comunicazione con l’esterno; che sia emanata una nuova Circolare sulle modalità di attuazione del regime speciale con linee-guida generali che assicurino l’esclusione di misure restrittive non strettamente funzionali alla prevenzione dei collegamenti interni ed esterni con la criminalità organizzata;
- che per ogni persona internata sottoposta alla misura della sicurezza della “Casa di lavoro” sia pianificato un progetto individuale nell’ambito del quale si inserisce il lavoro, nella prospettiva del rientro della persona stessa nella comunità sociale.
Infine, il Garante nazionale raccomanda nuovamente di non definire mai il regime detentivo speciale quale «carcere duro» perché questo concetto implica in sé la possibilità che alla privazione della libertà – che è di per sé il contenuto della pena detentiva – possa essere aggiunto qualcos’altro a fini maggiormente punitivi o di deterrenza o di implicito incoraggiamento alla collaborazione. Fini che porrebbero l’istituto certamente al di fuori del perimetro costituzionale.
Il caso Cospito
”Al di là di questa legge, credo che mai una persona a livello individuale possa pensare, anche con il suo sacrificio, di far cambiare una legge dello Stato: abbiamo un Parlamento per questo. Inviterei quindi Alfredo Cospito a contentarsi di questo risultato e di riprendere a mangiare”. Così il Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma, a margine della presentazione del rapporto sul regime speciale 41-bis nelle carceri italiane.
Palma ha visto Alfredo Cospito, in sciopero della fame dal 20 ottobre scorso per protesta contro il 41-bis, l’ultima volta 10 giorni fa. Complessivamente lo ha incontrato quattro volte. ”La situazione è sempre la stessa: è preoccupante la sua perdita di peso – ha spiegato Palma – Tuttavia, trovo che dal punto di vista sanitario sia ben seguito dalla struttura. È una situazione dalla quale bisogna uscirne: gli scioperi della fame devono sempre avere un obiettivo, sono strumenti non di autodistruzione ma che debbono andare verso una soluzione positiva, va individuata quindi una situazione percorribile anche da parte sua. Torni a mangiare”. Palma ha poi aggiunto che ”è una leggenda metropolitana il fatto che gli sia stata negata la Bibbia”.