Si intitola “Poi la strada la trovi da te” – libera trasposizione della favola teatrale di J.M. Barrie Peter Pan – la piece teatrale messa in scena al Nuovo Complesso di Civitavecchia dai detenuti e dagli operatori della Compagnia Teatrale”Sangue Giusto”che opera volontariamente da circa 7 anni in quell’istituto penitenziario, riscuotendo consensi di pubblico e di critica.
La particolarità dell’evento – promosso e finanziato dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni e realizzato con l’indispensabile e fattiva collaborazione di tutte le articolazioni organizzative dell’istituto carcerario, dalla direzione, agli educatori, alla polizia penitenziaria – è che i protagonisti hanno potuto recitare, nel teatro del carcere, davanti ai proprio familiari.
Lo spettacolo fa parte del progetto “AdDentro”, vincitore del bando “Leda Colombini” della Provincia di Roma a sostegno di percorsi di inclusione sociale in favore di persone adulte e minori presenti negli istituti penitenziari della regione, realizzato dall’Associazione “Sangue giusto” e sostenuto dal Garante dei Detenuti del Lazio. Davanti a una trentina di familiari (fra cui una famiglia giunta appositamente dal Kosovo) e ad una rappresentanza di 50 detenuti del carcere, i 20 attori di “Sangue giusto” hanno messo in scena uno spettacolo che ha divertito, affascinato e fatto riflettere. Una storia di bande, di ragazzi che hanno perso la propria strada o di pirati che hanno scelto volontariamente quella della pirateria e che si contendono un territorio. Ma arriva sempre un bivio, una possibilità, il momento di scegliere.
Per i detenuti-attori, la giornata è proseguita all’insegna di un incontro/confronto con i propri familiari. Nel Nuovo Complesso di Civitavecchia sono reclusi circa 600 detenuti. «La struttura – ha detto il Garante – sta sperimentando la custodia dinamica, che prevede che i detenuti trascorrano nelle celle solo le ore notturne e siano impiegati, per il resto del tempo, in attività trattamentali e formative. Abbiamo deciso di promuovere il progetto di “Sangue giusto” perché riteniamo che un’attività volta a garantire i rapporti familiari sia un cardine del percorso di recupero sociale dei detenuti e di umanizzazione della pena stabiliti dall’art. 27 della Costituzione».