“Approviamo oggi una mozione fondamentale per le persone private della libertà personale. L’emergenza Covid ha messo ancor più a dura prova le relazioni affettive e familiari di chi si trova in carcere. Con questa legge si va incontro alla tutela dei diritti fondamentali della persona, rispondendo al dettato costituzionale. I familiari e gli affetti delle persone private della libertà devono avere la possibilità di coltivare il rapporto con i propri cari. Colgo l’occasione per ringraziare chi si è impegnato in questo progetto e chi da anni si occupa dei diritti delle persone sottoposte a regime detentivo”. Così Marco Vincenzi, presidente del Consiglio regionale del Lazio.
La mozione, d’iniziativa del presidente, Marco Vincenzi, e dei vicepresidenti Devid Porrello e Giuseppe Emanuele Cangemi, è stata sottoscritta durante i lavori dell’Aula anche dalle consigliere Marta Bonafoni, Marietta Tidei, Michela Califano, Marta Leonori e dai consiglieri Alessandro Capriccioli, Loreto Marcelli, Giuseppe Simeone, Mauro Buschini, Orlando Tripodi, Valerio Novelli ed è stata approvata con 24 voti a favore un astenuto.
La proposta di legge, allegata alla mozione, prende le mosse dalla ricerca dell’Università di Cassino e del Lazio meridionale, realizzata con la condivisione e il supporto del Garante dei detenuti e della Presidenza del Consiglio regionale, “Affettività e carcere. Un progetto di riforma tra esigenze di tutela contrapposte”, presentata in sala Mechelli lo scorso 30 novembre.
“Si tratta di una iniziativa legislativa importante, indicativa della attenzione istituzionale del Consiglio e della Regione Lazio alle condizioni di detenzione e ai diritti delle persone private della libertà”. Così Stefano Anastasìa, Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, sulla mozione 552 del 17 dicembre 2021 approvata oggi dal Consiglio regionale, avente ad oggetto la presentazione al Parlamento di una proposta di legge sulla “Tutela delle relazioni affettive e della genitorialità delle persone ristrette”.
“Le relazioni affettive delle persone detenute – prosegue il Garante Anastasìa -, che costituiscono sostegno fondamentale nell’affrontare l’esperienza della carcerazione e il principale tramite con il mondo esterno e per il reinserimento sociale a fine pena, sono state messe a dura prova da questi due anni di pandemia. La proposta di legge indirizzata oggi dal Consiglio regionale del Lazio al Parlamento nazionale – grazie al prezioso contributo dell’Università di Cassino e della dottoressa Sarah Grieco, che ne ha coordinato il gruppo di lavoro dedicato – interviene su tare storiche del nostro sistema penitenziario (l’impossibilità di coltivare relazioni intime e sessuali, la limitatezza dei tempi di comunicazione telefonica, l’impossibilità per i detenuti di partecipare a momenti importanti della vita familiare, come una laurea o un matrimonio di un figlio o di un nipote) e assume la lezione della pandemia prevedendo la possibilità di sostituire alle telefonate i videocolloqui sperimentati in questi mesi. Si tratta di proposte in linea con quanto indicato dalla Commissione ministeriale per l’innovazione del sistema penitenziario e che si andranno ad aggiungere a quelle avanzate tempo fa dal Consiglio regionale della Toscana e già all’ordine del giorno del Senato. L’auspicio – conclude il Garante Anastasìa – che possano essere esaminate e discusse in questa fine legislatura, anche come segno di attenzione alle persone detenute e alle gravissime condizioni di sofferenza a cui sono stati costrette da questi due anni di pandemia”.
La mozione del Consiglio regionale
Come previsto dall’articolo 121 della Costituzione e dall’articolo 23 dello Statuto della Regione Lazio, il Consiglio regionale ha così deliberato di presentare al Parlamento una proposta di riforma della normativa in materia di rapporti tra le persone detenute e i propri affetti.
“Insufficienti sono considerati gli spazi verdi dotati di attrezzatura per bambini e i colloqui telefonici, di soli dieci minuti ciascuno, con costi sproporzionati e in assenza di privacy”, è quanto si legge mozione nella quale sono ricordati i risultati della ricerca svolta dall’Università di Cassino e del Lazio meridionale, in quattro istituti penitenziari del Lazio con interviste a oltre 200 detenuti e operatori penitenziari.
“Inadeguati gli spazi per l’affettività – si legge ancora nella mozione -, inesistenti quelli per l’intimità, considerata dalle persone detenute fondamentale per preservare il rapporto con il proprio partner. Gestite da operatori esterni, sono a pagamento le email sia in uscita sia in entrata. Le restrizioni e i contatti con il mondo esterno sono considerati inadeguati dalla maggior parte delle persone detenute intervistate”.
Il testo della proposta di legge
La proposta di legge del Consiglio regionale, “Tutela delle relazioni affettive e della genitorialità delle persone ristrette”, si compone di cinque articoli ed è destinata a riformare le principali modalità di contatto dei ristretti con i propri affetti, intervenendo sulle norme della legge 354 del 26 luglio 1975 sull’ordinamento penitenziario e su quelle del relativo regolamento. Tra le modifiche che si vogliono introdurre, si disciplina innanzi tutto l’istituto della “visita”, in modo da garantire ai detenuti relazioni affettive intime e riservate, stabilendo che – si legge all’articolo 1, “i detenuti e gli internati hanno diritto ad una visita al mese, della durata minima di sei ore e massima di ventiquattro ore, delle persone autorizzate ai colloqui”.
Pertanto, si propone l’allestimento di “apposite unità abitative, appositamente attrezzate all’interno degli istituti penitenziari, con percorsi dedicati ed esterni alle sezioni, senza controlli visivi e auditivi”, come si legge nella proposta di legge, in cui i detenuti possano coltivare il loro diritto all’affettività e alla sessualità, così come avviene in molti paesi europei, come Norvegia, Danimarca, Germania, Olanda, Francia, Spagna, Croazia e Albania.
La proposta di legge del Consiglio regionale interviene anche sull’istituto del “permesso di necessità”, ripensando il beneficio, oggi previsto “per eventi di particolare gravità”, anche per circostanze importanti della vita familiare e quindi come mezzo trattamentale, per “favorire il mantenimento dei rapporti con la famiglia”, e introduce ex novo il “permesso familiare”, della durata non superiore a dieci giorni per semestre di carcerazione, che il magistrato di sorveglianza può concedere al condannato, per “coltivare specificamente interessi affettivi e da trascorrere con i soggetti autorizzati al colloquio”. Altra novità la uniformazione a 14 anni della soglia dell’età minorile massima per l’accesso a particolari facilitazioni nelle relazioni con i genitori detenuti, attualmente oggetto di una disomogeneità normativa che genera confusione.
In materia di comunicazioni con l’esterno, s’intende estendere dagli attuali dieci a venti minuti il tempo massimo di durata delle telefonate, con frequenza non inferiore a tre volte a settimana e stabilire che il costo delle telefonate non siano più a carico delle persone detenute ma dell’amministrazione penitenziaria, oltre che ci siano una o più linee dedicate ai soli minori di anni 14 che vogliono mettersi in contatto con i propri genitori. Si mira infine all’istituzione in via definitiva del collegamento audiovisivo con tecnologia digitale, ampiamente utilizzato in via eccezionale durante la crisi sanitaria determinata dall’emergenza Covid-19, come modalità alternativa alla corrispondenza telefonica e di pari durata.