“La decisione della Procura generale di avocare il procedimento per la morte di Sharaf Hassan è il segno di una volontà di non lasciare dubbi intorno alle sue cause e dunque è benvenuta. Se un ragazzo di ventun anni, che avrebbe dovuto essere in un istituto penale per minori, muore in una cella di isolamento di un carcere per adulti dopo aver denunciato, tramite il Garante, maltrattamenti ai suoi danni, qualcosa non ha funzionato ed è importante che la magistratura non lasci ombre su quanto è accaduto”. Così il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Stefano Anastasìa, dopo aver appreso che la Procura generale della Repubblica presso la Corte d’appello di di Roma ha disposto l’avocazione del procedimento pendente presso la Procura della Repubblica di Viterbo.
La Procura generale ha altresì stabilito la revoca della richiesta di archiviazione avanzata in data 13 maggio 2019 dal Pubblico ministero al Giudice delle indagini preliminari (Gip) di Viterbo, per la morte del giovane cittadino egiziano, avvenuta a seguito del tentativo d’impiccagione del 23 luglio 2018 nella sua cella della Casa circondariale “Mammagialla” di Viterbo.
A seguito del decesso di Sharaf Hassan, la Procura di Viterbo aveva aperto un procedimento d’ufficio, a carico d’ignoti, per il reato d’istigazione al suicidio che, all’esito delle indagini, veniva definito con la richiesta d’archiviazione da parte del Pm. All’archiviazione si era opposto il legale dei familiari di Sharaf.
Il Garante Anastasìa ha sempre seguito l’evolversi della vicenda, definendo frutto di una “bancarotta, se non dell’intero sistema della giustizia, quanto meno del Tribunale di Viterbo” la decisione di spostare al 2024 l’udienza che avrebbe dovuto valutare se riaprire l’inchiesta scaturita dall’opposizione dei familiari alla richiesta di archiviazione. Udienza che poi era stata anticipata dal Gip al 22 gennaio 2022 su istanza dello stesso Pm. Adesso, però, da Viterbo il procedimento passa a Roma.