“Per chi abbia fiducia nello stato di diritto è inconcepibile che una sentenza della Corte costituzionale non venga presa in considerazione da un’amministrazione pubblica dieci mesi dopo la sua pubblicazione. Così è per la sentenza n. 10 del 26 gennaio 2024, che ha giudicato illegittima la norma dell’ordinamento penitenziario che obbliga al controllo visivo sui colloqui dei detenuti e delle detenute con i propri partner: a dieci mesi dalla decisione della Corte, che io sappia alcun colloquio riservato è stato autorizzato”. Così il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa.
“Laddove qualche direzione di carcere era pronta a farlo – prosegue Anastasìa -, è stata bloccata dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, in attesa degli esiti dei lavori di un misterioso gruppo di studio ministeriale, quando invece in alcuni istituti basterebbe oscurare le finestrelle sulle porte delle stanze dei colloqui con i gruppi familiari per consentire la riservatezza degli incontri. In questi giorni ho risposto a un reclamo collettivo di 102 detenuti della Casa circondariale di Viterbo, sollecitandone il direttore, nel rispetto della decisione della Corte, a disporre con proprio ordine di servizio le modalità di accesso dei detenuti ai colloqui riservati. Una raccomandazione di analogo tenore nel settembre scorso avevamo indirizzato, con la collega di Roma Capitale, Valentina Calderone, alla direttrice della Casa di reclusione di Rebibbia, a seguito del reclamo collettivo di altri 55 detenuti”.
“Non so se al Dap viga ancora l’interdetto dei più retrivi sindacati di polizia penitenziaria che nel 2018 impedì al ministro Orlando di anticipare il pronunciamento della Corte costituzionale. Certo è che dopo di esso, le cose non restano uguali a sé stesse: dopo aver proposto reclamo ai garanti -conclude Anastasìa-, i detenuti potranno rivolgersi ai magistrati e ai tribunali di sorveglianza, fino ad arrivare alla Corte europea dei diritti umani, e noi saremo con loro”.
E’ la seconda volta dunque che il Garante regionale interviene. Questa volta, i 102 detenuti reclamanti hanno rappresentato al Garante, di aver “presentato, singolarmente, in data 2 giugno 2024, alla direzione della C.C. di Viterbo, istanza per l’attuazione della sentenza della Corte costituzionale 10/2024 del 26 gennaio 2024 ed essendo trascorsi più di 90 giorni senza ricevere alcuna risposta in merito da parte della direzione della suddetta Casa circondariale, unitamente denunciano la mancata operatività della sentenza della Corte costituzionale 10/2024”, chiedendo altresì di “avere notizie e date certe di attuazione della legittima richiesta”.
Di qui la missiva del Garante Anastasìa il quale “ritiene che l’attuazione della sentenza della Corte costituzionale non sia procrastinabile e che di conseguenza il quesito dei reclamanti riguardo al quando della sua attuazione sia assorbito dalla vigenza normativa di quanto da essa disposto, che configura un obbligo di garanzia in capo all’Amministrazione penitenziaria”.
Pertanto, il Garante “raccomanda alla direzione della Casa circondariale di Viterbo l’immediata individuazione di spazi idonei all’effettuazione del colloquio senza controllo visivo e – in assenza di determinazioni ministeriali – la definizione con proprio ordine di servizio della regolamentazione dell’accesso al nuovo istituto, tenuto conto di quanto stabilito dalla Corte costituzionale nei punti 6 e seguenti delle considerazioni in diritto della sentenza 10/2024 e della necessità di garantire a tutti gli aventi diritto la sua fruizione in maniera omogenea quanto ai tempi e alla frequenza dei colloqui di che trattasi”.
Nota reclamo ex art. 35 detenuti sezioni AS3 Casa circondariale di Viterbo