La Corte costituzionale, con la sentenza n. 10 del 2024, depositata il 26 gennaio 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 della legge sull’ordinamento penitenziario (“Colloqui, corrispondenza e informazione”), nella parte in cui non prevede che la persona detenuta può essere ammessa a svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia. Purtroppo, a distanza di mesi da tale sentenza, non risulta che alcuno degli istituti penitenziari del Lazio si sia organizzato, affinché sia garantito tale diritto alle persone detenute. Per questo, il Garante delle persone detenute della Regione Lazio ha messo a punto alcune schede, disponibili qui sul sito in un documento powerpoint, ad uso degli operatori degli sportelli, degli scrivani e delle associazioni di volontariato che si occupano delle esigenze delle persone detenute, nelle quali sono spiegate, punto per punto, le azioni da intraprendere per poter avere un colloquio riservato con il proprio partner.
Le schede hanno anche lo scopo di diffondere nella popolazione detenuta una maggiore consapevolezza dei propri diritti in materia di colloqui riservati, riportando succintamente le prescrizioni della Corte in materia di riservatezza del locale dove si svolgerà l’incontro che dovrà essere sottratto all’osservazione interna da parte del personale di custodia (che dunque vigilerà solo all’esterno), ma anche allo sguardo degli altri detenuti e dei visitatori. Con chi si potranno svolgere i colloqui? Come afferma la Corte, la persona detenuta può essere ammessa a svolgere i colloqui senza il controllo a vista del personale di custodia con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente Tutte le persone detenute possono fare richiesta, ma con alcune eccezioni, come i detenuti in regime detentivo speciale di cui all’art. 41-bis, quando ci siano ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina, per motivi di carattere giudiziario. Le domande dovranno essere inoltrate all’autorità giudiziaria, per gli imputati fino al primo grado, al direttore dell’istituto penitenziari, per i condannati, gli appellanti e i ricorrenti in Cassazione,
In caso di diniego o di mancata risposta da parte della Direzione nel termine di 60 giorni, è possibile presentare reclamo al magistrato di sorveglianza, secondo quanto stabilito dagli artt. 35-bis e 69 comma 6 della Legge sull’ordinamento penitenziario.
Il magistrato di sorveglianza, se accoglie il reclamo, può ordinare all’amministrazione di porre rimedio («ottemperare») entro un termine indicato nel provvedimento. In caso di rigetto del magistrato, è ammesso reclamo al Tribunale di sorveglianza nel termine di quindici giorni. Se è già stato presentato ricorso a tutte le autorità giudiziarie nazionali competenti e queste hanno rigettato il ricorso, si può presentare ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo (Cedu).