A quanto appreso dal Garante, la donna che sabato scorso si è tolta la vita era una cittadina italiana, A. L., in carcere dal 2011 per una serie di reati comuni.
La donna, con problemi di dipendenza dalle droghe, avrebbe manifestato negli ultimi tempi un forte disagio e, per questo, era stata sottoposta in carcere alle misure previste in questi casi.
«La donna che si è tolta la vita a Civitavecchia sarebbe uscita dall’istituto fra quattro mesi, il prossimo dicembre. Una persona che, a poche settimane dal fine pena, decide di negarsi in maniera tanto drammatica ogni speranza per il futuro dovrebbe farci riflettere sulla reale capacità della pena di tutelare i detenuti e di garantirne il pieno recupero». Lo dichiara, in una nota, il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni.
«Il gesto di questa donna – ha proseguito Marroni – riaccende per l’ennesima volta i riflettori sull’utilità della detenzione per i tossicodipendenti e, più in generale, per tutti coloro che sono affetti da malattie. Il carcere è un ambiente duro che piega la resistenza dei più forti, figurarsi di quanti vivono una situazione di disagio psicologico. Nel caso specifico anche il momento del fine pena, se non affrontato con adeguati sostegni, per i soggetti più deboli può essere drammatico».
«Credo che il carcere non sia la risposta migliore ai problemi delle persone malate – ha concluso Marroni – e che non basti diminuire le presenze per avere condizioni più umane di detenzione. La differenza sta nella funzione trattamentale e nell’individuare la soluzione più efficace a garantire i diritti dei reclusi, garantendo la continuità di trattamento anche quando finisce la detenzione. Per questi casi, la soluzione migliore può essere il ricorso a misure alternative alla detenzione come il ricovero nelle comunità terapeutiche, che sicuramente hanno maggiori professionalità per accogliere queste persone».