E’ fresco di stampa “Il diritto all’affettività delle persone recluse”, una monografia di Sarah Grieco, avvocata e docente di diritto dell’esecuzione penale all’università di Cassino e del Lazio meridionale, frutto di un lungo lavoro di ricerca condotto dall’autrice, in collaborazione con Maurizio Esposito e Simone Di Gennaro.
La ricerca, edita da Editoriale Scientifica, è stata condotta nel mezzo della pandemia ed è costellata di studi, interviste, riflessioni interdisciplinari con giuristi, sociologi, garanti, direttori di carceri, educatori e diversi operatori penitenziari. Nel ripercorrere la legislazione nazionale e internazionale in materia di affettività e carcere, l’autrice pone in risalto come la mancata coltivazione delle relazioni socio-affettive, da un lato, incida negativamente sul benessere psico-fisico del reo e della sua famiglia, durante il periodo di detenzione; dall’altro, rappresenti un fattore potenzialmente in grado di aumentare il rischio di recidiva.
Evidenziando l’insostenibilità della scelta ‘negazionista’, (soprattutto in termini di affettività intesa come sessualità), adottata finora dal nostro Paese, avanza una prospettiva de iure condendo, che è stata trasfusa in un disegno di legge adottato dal Consiglio regionale del Lazio e presentato alle Camere lo scorso 24 febbraio (C.3488 e S.2543). Indubbiamente, si tratta di una riforma non facile ma che potrebbe incidere concretamente sulla condizione detentiva di moltissime persone recluse e dei loro affetti.
Secondo l’autrice, si tratta di una riforma necessaria, indispensabile per sviluppare concretamente il concetto di dignità della pena, oltre ogni fuorviante logica premiale.