Dai reclusi ai migranti, dalla tutela della salute, al lavoro all’istruzione. In 10 anni di attività, il Garante dei detenuti del Lazio ha costruito un modello di gestione del disagio penitenziario, esportabile in tutta Italia.
I risultati dell’attività del Garante – la prima Authority del genere ad essere stata creata in Italia nel 2004 – sono stati illustrati questa mattina nel corso del convegno “Carceri: Modello Lazio – Regione, Enti Locali, Società civile, quale pena, quale integrazione”.
«In questi anni – ha detto il Garante Angiolo Marroni – abbiamo sviluppato un modello istituzionale che ha coinvolto Enti pubblici e privati, istituzioni di ogni ordine e grado, il mondo della cooperazione e grandi imprese private. Siamo stati supportati da una Regione che in questo campo è all’avanguardia. Abbiamo pensato di non disperdere questo patrimonio e di trasmettere la nostra esperienza ad altre Regioni dove i Garanti operano con grandi difficoltà. La strada sulla quale abbiamo operato è stata quella di dare una speranza a chi soffre in carcere e di non dimenticare il diritto alla sicurezza dei cittadini. In carcere abbiamo cercato di trasmettere la cultura della Legalità e di cancellare il pregiudizio che accompagna i detenuti per tutta la vita. La bontà del nostro lavoro è confermata dai dati: la recidiva per chi sconta la pena in carcere è del 70 per cento, per chi beneficia di misure alternative è del 20 per cento. Su 950 persone che, attraverso il nostro ufficio, hanno trovato un lavoro, soltanto 8 hanno nuovamente commesso dei reati, meno dell’1 per cento. Un modello che consente più dignità in carcere e più sicurezza per i cittadini».
A parlare del “Modello Lazio”, fra gli altri, i senatori Emanuele Macaluso, Bruno Astorre e Loredana De Petris, l’on. Umberto Marroni, Rita Visini (Assessore Politiche Sociali e Sport Regione Lazio), Desi Bruno (Garante Detenuti Emilia Romagna), Donatella Caponetti (Dirigente Giustizia Minorile Lazio), Eugenio De Crescenzo (Vicepresidente A.G.C.I. Lazio), Mario Panizza (Rettore Università Roma Tre), Maria Claudia Di Paolo (Provveditore Amministrazione Penitenziaria Lazio), Alberto Bellet (Presidente Tribunale di Sorveglianza di Roma).
“Si parla spesso di morti in carcere – ha detto il presidente del Consiglio Regionale Daniele Leodori – e si tace sul lavoro che si fa nelle carceri. Io voglio valorizzare questi risultati partendo da un dato: il +600 per cento di incremento di detenuti del Lazio iscritti all’università in 10 anni. Un dato emblematico di come le politiche del Garante mirino a migliorare la qualità della vita nelle carceri e a garantire il recupero sociale dei detenuti. Occorre programmare il reinserimento:ogni euro che spendiamo oggi in carcere è un investimento per il futuro, perché il compito delle istituzioni è di aiutare coloro che vogliono riabilitarsi rispetto agli errori passati”.
Il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri, ha rinnovato al disponibilità del Ministero a dialogare con tutte le componenti che operano nel carcere per trovare soluzioni operative. “Facciamo tesoro di queste esperienze che ha maturato il Garante e che sono un esempio da esportare nel resto d’Italia, perché la collaborazione tra istituzioni e tutti i soggetti che operano in carcere – ha aggiunto – sta tenendo in piedi il sistema”.
I risultati conseguiti in 10 anni dall’Ufficio del Garante sono stati sintetizzati in un video: sono stati oltre 110mila i colloqui effettuati nelle carceri del Lazio, mille al mese. Nel campo dell’Istruzione, con il Sistema Universitario Penitenziario i detenuti iscritti all’Università sono aumentati del 575%. Oggi i detenuti universitari sono 120. A luglio si sono laureati i primi 4 reclusi di Alta Sicurezza iscritti alla “Teleuniversità a distanza” realizzato con l’Università di Tor Vergata ed indicato dal Ministero quale Best practice da replicare sul territorio nazionale. Per quanto riguarda il diritto al lavoro, in 10 anni, 950 detenuti ed ex detenuti sono stati avviati al lavoro con le Coop sociali. Nel 2013 sono stati creati 38 posti di lavoro con l’avvio di attività artigianali e con i progetti di Call Center e Telelavoro realizzati in partnership con importanti aziende italiane (come Autostrade per l’Italia).
Nella tutela del diritto alla salute fiori all’occhiello dell’attività, che pongono il Lazio all’avanguardia nella tutela della salute dei detenuti, sono i progetti delle odontoambulanze, Telemedicina, Carte dei Servizi Sanitari. Nel settore dell’Immigrazione, il Garante è un punto di riferimento per i detenuti stranieri, per gli ospiti del CIE di Ponte Galeria e per quelli del CARA.
Il Garante è anche un punto di riferimento internazionale. Lo scorso anno l’Unione Europea ha finanziato un progetto di prevenzione dei reati sessuali. Inoltre, rapporti di cooperazione sono stati instaurati con la Commissione Europea per i diritti umani, il Garante del carcere di Wormwood Scrubs (Londra) e con il Ministero della Giustizia norvegese.
“I punti di forza dell’esperienza del Garante – ha detto Donatella Ferranti, Presidente Commissione Giustizia della Camera – sono l’attenzione ai diritti dei detenuti ma anche l’attenzione al recupero sociale stabilito dall’articolo 27 della Costituzione. Il modello del Garante è fatto di sinergie che possono essere esportate nelle altre realtà italiane, ma che possono anche prese a modello dal legislatore nazionale per farne modelli di riferimento omogenei”.
Il Vicepresidente del Consiglio Regionale Francesco Storace, ha ricordato di aver creato, da presidente della Regione, il Garante. “Sono contento che quel lavoro prosegua – ha detto – Nel Lazio come in tutta Italia abbiamo una situazione complessa legata all’affollamento: noi rispetto ad altri stiamo messi meno male, circa 500 detenuti in più. Questo è certamente figlio di leggi e azioni messe in atto. Ma serve fare di più: sulla certezza della pena e sul trattamento umanitario. detto di aver molto apprezzato”.