Lunedì 12 dicembre, nella Sala Teatro del carcere di Rebibbia, si è svolta una giornata seminariale organizzata dal Centro studi scuola pubblica (Cesp) -Rete delle scuole ristrette, presieduto da Anna Grazia Stammati, per celebrare i dieci anni di attività, alla quale hanno partecipato docenti universitari, dirigenti scolastici, docenti della Rete provenienti da più regioni italiane (tra i quali giovani insegnanti in formazione), docenti degli istituti di Rebibbia, studenti e corsisti ristretti con un fiocco nero da lutto al petto, per ricordare i detenuti morti suicidi.
Presenti anche gli studenti delle classi quinte dell’Istituto alberghiero “Amerigo Vespucci” di Roma e quelli dell’Università Roma Tre, il seminario ha messo in scena, sul palco, una vera e propria biblioteca, nella quale, gli studenti ristretti di Rebibbia, per l’intera durata dell’incontro, hanno accolto e ascoltato i relatori, richiamando così, simbolicamente, i due elementi su cui si è fondata in questi dieci anni l’azione della Rete delle scuole ristrette: la biblioteca quale luogo primario di autoapprendimento/autoformazione/capacitazione; lo spazio teatrale quale “spazio-altro” di riconoscimento, ricostruzione e rappresentazione del sé.
Nel corso della parte dedicata ai saluti istituzionali sono intervenuti il vicecapo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), Carmelo Cantone, il Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria per il Lazio-Abruzzo-Molise/Toscana-Umbria, Pierpaolo D’Andria, la vice direttrice della Casa circondariale di Rebibbia, Laura Fazzioli. Da parte dei rappresentanti del ministero dell’Istruzione intervenuti – Giuseppe Colangelo, direzione generale per gli ordinamenti scolastici e Rocco Pinneri, direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale del Lazio – è stata evidenziata la complessità del passaggio ai muovi ordinamenti per l’istruzione degli adulti e, in particolare, dell’istruzione in carcere, che in quel contesto ha ricevuto, però, per la prima volta, un riconoscimento determinato dalla specificità dei percorsi di istruzione nel sistema penitenziario. È stata sottolineata, comunque, la volontà di contribuire a un miglioramento dell’offerta formativa, anche attraverso politiche di redistribuzione degli organici. Filippo Reganati, direttore del Dipartimento di studi giuridici ed economici dell’Università di Roma La Sapienza ha sottolineato l’importanza della cosiddetta “terza missione” dell’università e delle prospettive che il presupposto dell’inclusione sociale apre in ambito penitenziario, quale elemento di rottura del confinamento delle prigioni in uno spazio separato dalla società.
Gli interventi dei Garanti delle persone detenute
In due momenti diversi, sono intervenuti anche i Garanti delle persone detenute del Lazio, Stefano Anastasìa, e del Piemonte, Bruno Mellano. Anastasìa, che è anche Portavoce dei Garanti territoriali delle persone private della libertà, ha sottolineato l’importanza dei percorsi di istruzione in carcere che offre la maggior continuità nell’esercizio della propria programmazione, una fondamentale opportunità che deve, però, essere più ampia di quella offerta dai singoli istituti e deve prevedere una pianificazione degli interventi che sia attenta ai bisogni formativi dei detenuti. Bruno Mellano, Garante regionale dei diritti delle persone private della libertà personale della Regione Piemonte, ha sottolineato come la vera sfida sia ottenere una cabina di regia per avere una visione complessiva del pianeta carcere, essendo la responsabilità del mancato funzionamento dell’esecuzione penale, non di diretta responsabilità dell’amministrazione penitenziaria, ma del mancato colloquio tra le parti, cosa per quale occorre mettere intorno a un tavolo le amministrazioni interessate: università, scuola, Formazione, volontariato, Uepe per raggiungere accordi e, finalmente attuare la Costituzione.
Il presidente onorario della Consulta Giovanni Maria Flick
Il presidente onorario della Corte costituzionale ed ex ministro della Giustizia, Giovanni Maria Flick, ha sottolineato la drammatica situazione della realtà del carcere che, con i suoi cronici problemi del sovraffollamento, richiama alla necessità di intervenire nell’organizzazione degli istituti penitenziari, così come di individuare una politica penitenziaria che assicuri efficienza nell’organizzazione, si preoccupi seriamente della formazione del personale, tuteli la salute e migliori le condizioni della qualità della vita in carcere.
Nella sessione dei lavori aperta da Flick, gli interventi che si sono succeduti hanno sottolineato l’importanza dell’istruzione e della cultura in carcere, quella che con la penna graffia l’anima, sveglia le coscienze sopite dalla quotidianità banalizzante del carcere (Paolo Scarlata, studente Polo penitenziario universitario Rebibbia); l’importanza della cultura e lo stretto e importante rapporto tra cultura, scrittura e detenzione (Paolo D’Achille, professore ordinario di linguistica italiana dell’Università Roma Tre e vice presidente dell’Accademia della crusca); l’importanza di un’azione sul carcere che non sia semplice finanziamento di progetti più o meno validi, ma funga da volano per aprire il carcere al territorio (Sonia Specchia, segretaria generale Cassa delle Ammende; l’importanza dello studio e della cultura per i detenuti rispetto all’importanza che lo studio riveste spesso all’esterno, con la conseguente necessità di uno scambio virtuoso tra studenti esterni e interni al carcere, oltre che di linee guida che impediscano la mancata attuazione delle norme che presiedono all’attività di studio nelle carceri (Franco Prina, presidente della Conferenza nazionale poli universitari penitenziari – Cnupp); l’importanza della cultura per raggiungere la consapevolezza di sé “Saper leggere comporta la capacità del sapersi leggere” e il progetto “La cultura rompe le sbarre”, di Rai per la sostenibilità, con il quale si vogliono donare alla giustizia le 1800 lezioni, realizzate da Rai Cultura, suddivise per livello scolastico, con il programma informatico sviluppato appositamente per renderle fruibili, senza necessità di collegamento in rete, consentendo in tal modo la possibilità di accedere a un bene comune del servizio pubblico (Daniela De Robert, componente del collegio del garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale).
Le esperienze dei docenti
Accanto a questi gli interventi delle due dirigenti, Alessandra Tugnoli dell’Iis “ Soleri-Bertone” di Saluzzo (CN), che segue sin dai suoi inizi il percorso della Rete delle scuole ristrette, e Maria Teresa Corea, reggente del Cpia1 di Roma, presente nelle tre sedi di Rebibbia, nonché dell’Ipsseoa “Amerigo Vespucci” di Roma, con sezioni presso Rebibbia Femminile e Rebibbia penale: la prima si è soffermata sui risultati ottenuti in questi dieci anni di attività, ma anche sugli elementi critici (come
l’organico e l’orario) ancora fortemente presenti per un reale sviluppo della scuola in carcere; la seconda ha evidenziato l’importanza della presenza dei percorsi di istruzione in carcere, ma anche la necessità di aprirsi a tutti quegli interventi esterni qualificati, attraverso i quali far entrare la cultura in carcere e portare il carcere nella cultura di questo paese, diffondendone problematiche ed esigenze.
A concludere la sessione, l’intervento di uno studente dell’Ipsseoa “Amerigo Vespucci” di Roma che, parlando a nome dei suoi compagni presenti (numerosi e attentissimi ai contenuti dei relatori), ha evidenziato la grande valenza formativa della giornata per lui e per gli studenti e studentesse presenti, sia per i contenuti espressi, sia per la concreta esperienza dell’accesso in carcere, con l’obbligo dei controlli, della privazione di tutti gli strumenti elettronici in loro possesso, del passaggio attraverso cancelli che, ad ogni attraversamento, venivano chiusi alle loro spalle, confermando l’importanza e la necessità per i cittadini di conoscere la realtà del carcere.
Biblioteche e laboratori
Nella terza sessione dei lavori è stata riportata l’importanza del lavoro sulle biblioteche e dei laboratori svolti sulla costruzione del libro a Rebibbia, nonché sulla diffusione del corso sulle biblioteche innovative in carcere come modello interattivo nella costruzione delle relazioni (Giovanna Micaglio, istituzione biblioteche di Roma Capitale – coordinamento attività per le scuole e rete bibliopoint), sull’attività di riorientamento offerta in carcere tramite i corsi di istruzione/educazione superiori e universitari e sulla positiva contaminazione di mondi estranei che in questo modo si incontrano e si conoscono (Elena Zizioli, prof.ssa associata di pedagogia generale e sociale, Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi Roma Tre), su spazio psichico, resilienza e sinergia, in carcere quali elementi su cui intervenire per permettere ai detenuti di “ricalcolare” il proprio percorso (Valeria Ferra, dirigente Cpia 1 di Campobasso), del progetto di sistema in atto al Cpia 4 di Torino, in sinergia con l’area educativa, in modo da far emergere i reali bisogni educativi dei singoli, per orientarli nell’accesso ai percorsi che meglio si attagliano al singolo (Elena Gobbi, Dirigente Cpia 4 Torino).
Proprio nel senso di apertura al territorio e di recupero del significato della storia per le nuove generazioni, si è mosso l’intervento di Cristina Loglio (consigliera del commissario straordinario per il recupero e la valorizzazione dell’ex carcere Borbonico Santo Stefano – Ventotene) che ha presentato il progetto del recupero dell’ex carcere borbonico di Santo Stefano-Ventotene, per restituire alla comunità locale e a quella nazionale ed europea, un bene storico, architettonico e culturale, attraverso una pratica di cittadinanza attiva che coinvolga le nuove generazioni.
Sono poi intervenuti il professor Pasquale Bronzo (professore associato dipartimento di studi giuridici ed economici- Sapienza – Università degli studi di Roma,) che si è soffermato sul senso della presenza dell’Università in carcere, che non è semplicemente apertura di corsi di studio, ma di laboratori, workshop, promozioni di corsi online, quali forme di integrazione tra didattica e istruzione, e Marta Mengozzi (ricercatrice confermata e docente di istituzioni di diritto pubblico presso l’Università
degli studi di Roma “Tor Vergata”), che ha evidenziato le luci – la presenza della Cnupp e la digitalizzazione – e le ombre – le difficoltà di relazione, gli spazi angusti – dell’istruzione universitaria in carcere e l’importanza di un raccordo con le scuole secondarie di secondo grado, perché formativa in direzione di un pensiero critico che aiuta gli studenti ristretti a continuare gli studi anche nel percorso universitario.
Maria Giulia Brizio (Salone internazionale del Libro di Torino) ha ribadito l’interesse e l’impegno del Salone nella diffusione e nell’attuazione nelle carceri del progetto “Adotta uno scrittore”, mentre Lucio Coda (Account Manager IQC), ha acquisito i digital badge rilasciati dal CESP ai corsisti impegnati nel corso “Biblioteche innovative in carcere” e ha spiegato l’importanza del rilascio del Badge elettronico al corsista, perché questo permette di ottenere dai corsisti delle Associazioni o Enti che lo
richiedono, una certificazione delle conoscenze ottenute nel corso, attraverso una base dati immodificabile, che rilascia un certificato che rimane a vita di proprietà del corsista.
Ha richiamato l’importanza delle biblioteche in carcere e di progetti come “Nati per leggere” e “Mamma lingua” a sostegno della genitorialità, ma anche la difficoltà dell’applicazione degli accordi stipulati con l’amministrazione Francesca Cadeddu, Segretaria generale Associazione italiana biblioteche). Fabio Falbo, studente del Polo penitenziario universitario Rebibbia, ha denunciato il rigetto della sua richiesta di benefici, in quanto la sua prima laurea e la sua iscrizione alla seconda sono stati giudicati residuali e non significativi nel suo percorso, tanto da determinare, come forma di protesta, l’annullamento dell’iscrizione al secondo percorso di laurea, come testimonianza di una ingiustizia e di una scarsa valutazione, checché se ne dica, dei percorsi di istruzione in carcere.
Luisa Marquardt, Giorgio Flamini e Anna Grazia Stammati hanno concluso i lavori dell’intensa giornata, mettendo in evidenza le importanti ricadute dei lavori svolti, in direzione delle ulteriori prospettive che si aprono per la Rete, dopo i primi dieci anni dalla sua istituzione.