Istituti penitenziari e Rems nel Lazio, ecco com’è andata l’audizione alla Pisana

Le direzioni delle strutture e il Garante sono stati ascoltati dalla Prima commissione del Consiglio regionale del Lazio
L'audizione della direttrice dalla Casa di reclusione di Rebibbia, Iannantuono.

“L’audizione congiunta dei responsabili delle Rems e delle carceri regionali ha consentito agli uni e agli altri di avere una maggiore consapevolezza dei problemi di sistema su cui spero che la Regione, per la propria parte, voglia prendere le giuste misure per rafforzare il tessuto dei servizi psichiatrici, ridurre gli internamenti e facilitare la presa in carico territoriale dei malati di mente autori di reato”. Così il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Stefano Anastasìa, al termine dell’audizione svoltasi giovedì 9 maggio nella prima commissione consiliare permanente del Consiglio regionale del Lazio, Affari costituzionali e statutari, affari istituzionali, partecipazione, risorse umane, enti locali, sicurezza, lotta alla criminalità, antimafia. Tema dell’audizione: una panoramica generale sulle condizioni all’interno dei luoghi di detenzione sul territorio regionale, in particolare sul sovraffollamento e le problematiche legate ad esso.

A dare il quadro d’insieme è intervenuto in apertura Claudio Marchiandi, direttore Ufficio detenuti e trattamento del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria (Prap) per il Lazio, l’Abruzzo e il Molise: 6758 persone detenute nei 14 istituti nel Lazio, a fronte di una capienza regolamentare di 5281 posti. Tra le criticità subito evidenziate dal dirigente del Prap, il record di Regina Coeli, carcere con il maggiore sovraffollamento, le lunghe le liste di attesa per le persone detenute che devono andare in Rems. Marchiandi ha inoltre parlato dei disagi legati alle persone con gravi problematiche di salute mentale, che si aggravano con alcune persone recluse sine titulo in lista attesa (queste in carcere sono solo 15 in tutto il Lazio).

E’ poi intervenuta Patrizia Bravetti, direttrice della Casa circondariale “Giuseppe Passerini” di Civitavecchia, che con 530 persone detenute e tra gli istituti con il maggior tasso di sovraffollamento nel Lazio, e della Casa di reclusione di Civitavecchia (73). Bravetti ha evidenziato le criticità in materia di assistenza sanitaria, anche in relazione al fatto che ben 260 persone sono sottoposte a terapie psichiatriche, e al turnover di medici e infermieri. Tra le altre problematiche evidenziate, la direttrice ha sottolineato la necessità di corsi di formazione professionale, di incrementare le attività sportive, di mediatori culturali con una buona conoscenza di lingue come il cinese e il rumeno.

La direttrice della Casa Circondariale di Velletri, Anna Rita Gentile,  ha evidenziato la necessità di una maggiore presenza di educatori e assistenti sociali, ma anche di figure sanitarie specialistiche. Con la telemedicina, poi, si potrebbe ovviare ai problemi delle frequenti visite esterne.

Paola Palmieri, direttrice della Casa Circondariale di Latina ha parlato di un istituto sottodimensionato rispetto alle esigenze, con richieste di accesso molto superiori alla capienza tollerabile, con una sezione femminile di alta sicurezza che ha 38 ospiti al momento. La manutenzione è urgente, a causa della vetustà dell’istituto, c’è carenza di spazi e di personale, 95 unità in servizio a fronte di 134 previste, con numerose unità che usufruiscono dei benefici della legge 104 e altri di maternità e permessi studio. A Latina solo due psichiatri.

L’audizione della direttrice del carcere di Latina, Palmieri. Alla sua sinistra: la direttrice reggente di Rebibbia Nuovo complesso, Rampazzi; D’Andrea, Rems di Subiaco; Gioia, Rems di Rieti.

Anche la direttrice della Casa circondariale di Viterbo, Anna Maria Dello Preite, ha lamentato la scarsità di personale sanitario, a fronte della quale però l’attività di telemedicina va bene. Anche a Viterbo c’è sovraffollamento. Rumeni e albanesi costituiscono la maggior parte delle presenze straniere. Reati contro il patrimonio soprattutto, ma in aumento quelli contro la persona, tra i motivi di detenzione. Un sotto organico di 89 unità, che causa rischi anche a livello di sicurezza, è stato riferito dalla direttrice. Sono stati rinvenuti cellulari e stupefacenti all’interno dell’istituto. Buona assistenza psichiatrica, ma difficile la gestione dei detenuti in attesa di Rems, che causano la sottrazione di ulteriori unità di personale di polizia penitenziaria per i turni di piantonamento in ospedale.

Il direttore dell’Istituto penale minorale (Ipm) Casal del Marmo, Giuseppe Chiodo, ha parlato dei due plessi nel suo istituto, uno per minorenni l’altro per giovani adulti, cioè maggiorenni che non lo erano al tempo della commissione del reato, che servono le tre regioni, Lazio Abruzzo e Molise, e che sono più affollati di quanto dovrebbero, a fronte di un decremento invece del personale, il che comporta turni più pesanti. Sulla sanità, il problema dei minori stranieri non accompagnati è quello prevalente. Inoltre, nel weekend non c’è assistenza medica. Tra i giovani ospiti dell’Ipm si registrano spesso doppie diagnosi per doppie dipendenze da sostanze: farmaci e stupefacenti. Il direttore ha infine evidenziato la necessità di rivedere  il protocollo per la prevenzione del rischio suicidario, fermo al 2015: è competenza della Asl rinnovarlo di concerto con tutti attori istituzionali.

Da sinistra: la direttrice degli istituti di Civitavecchia, Bravetti, la direttrice della casa circondariale di Viterbo, Dello Preite, e Marchiandi, direttore Ufficio detenuti e trattamento del Prap per il Lazio, l’Abruzzo e il Molise.

La direttrice reggente della Casa Circondariale Rebibbia – Nuovo Complesso “Raffaele Cinotti”, Alessia Rampazzi, ha parlato di un istituto con circa 1400 ospiti che deve ricorrere a frequenti sfollamenti. Assistenza sanitaria buona, ma troppi provvedimenti di sorveglianza a vista che gravano sulla polizia penitenziaria. Revisione del protocollo richiesta quindi anche da questa sede. Denunciata la mancanza di branche specialistiche come ortopedia, ad esempio, ma anche carenze in pneumologia e andrologia e altri specialisti che non eseguono alcuni esami. Troppi gli invii al pronto soccorso. I piantonamenti sono molto gravosi per il personale, che è già sottodimensionato di circa 200 unità. Il reparto di sanità protetta del Pertini non riesce a soddisfare le richieste di ricovero.

La direttrice della Casa di Reclusione di Rebibbia, Maria Donata Iannantuono, ha parlato di una popolazione detenuta caratterizzata da lunghe pene detentive e quindi avanti con l’età. Il che comporta un alto numero di visite mediche specialistiche da effettuarsi all’esterno (ben 632 lo scorso anno, per una popolazione detenuta di 290 unità). Radiologia e urologia sarebbero necessarie, ma anche cardiologia e psichiatria. 13 i minorati psichici presenti. Presenza di studenti anche universitari e di detenuti ammessi al lavoro. Per quanto riguarda l’organico, 189 teorici, ma 134 effettivi, di cui la maggior parte ultracinquantenni e con presenza di leggi 104, rendono difficile la gestione. Presenza nell’istituto anche di collaboratori di giustizia.

Le Rems del Lazio

La responsabile della Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) di Rieti, Daniela Gioia, ha parlato di una struttura giovane ma pensata per una popolazione femminile e che invece ora ospita uomini (15), quindi inadeguata da alcuni punti di vista. Difficile gestire le situazioni di violenza, ad esempio, per il personale. Eterogeneità delle situazioni presenti che rende più difficile l’approccio in una struttura di carattere sanitario, ma questo è un problema di sistema che andrebbe affrontato. La lontananza dall’ospedale è un altro problema. La Rems subisce pressioni difficili da sostenere per una struttura sanitaria da parte delle strutture detentive, non va dimenticato, con riferimento a quanto detto da alcuni intervenuti. Ritrosia del personale ad accettare la sede, infine, che provoca carenza di personale.

Anche la responsabile della Rems “Castore” di Subiaco, Alessia D’Andrea, ha ribadito il concetto per cui le rems sono strutture sanitarie e non si può agire in un’ottica di contrapposizione reciproca con le strutture detentive. La rems non può quindi essere il luogo dove inviare i detenuti con il fine ultimo di sfollare gli istituti, anche per non togliere spazio a chi abbia effettivamente quel tipo di esigenze.

Il responsabile della Rems “Minerva” e “Merope” di Palombara Sabina, Carmelo Milelli, si è associato a quanto detto dalle rappresentanti delle strutture analoghe e ha aggiunto il tema delle violenze cui sono soggetti gli operatori delle rems. La rems, che ha sostituito gli ospedali psichiatrici giudiziari, non prevede presenza di personale penitenziario, quindi il personale sanitario ha problemi ad affrontare le manifestazioni di violenza.

Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale ha definito comunque positivo il bilancio delle Rems, rispetto a quello precedente degli ospedali psichiatrici giudiziari. Non si può trattenere negli istituti di detenzione senza titolo, ha ribadito Anastasìa, in riferimento a prassi che di recente si sono consolidate. Anastasìa ha inoltre rilanciato l’esigenza di introdurre un’indennità per luogo disagiato da riconoscersi ai sanitari in servizio nelle carceri e nelle Rems. Da parte dei consiglieri, si è affermato che la soluzione delle problematiche esposte in questo appuntamento, in primis quella del rapporto tra le Rems e le strutture detentive, può e deve essere avviata solo portando in Consiglio regionale queste tematiche affinché l’istituzione regionale solleciti gli organi deputati a risolverle, in particolare in sede di Conferenza Stato-Regioni.

La sala Latini del Consiglio regionale durante l’audizione.