Dichiarazione di Stefano Anastasìa, Garante dei detenuti della Regione Lazio.
“Il carcere chiuso alla società esterna ha un aspetto spettrale. Ieri pomeriggio sono stato a Rebibbia nuovo complesso per respirare di persona il clima del più grande carcere romano, uno dei più grandi d’Italia, durante il divieto di ingresso al volontariato stabilito dalla direttrice reggente, la dott.ssa Santoro, a causa della carenza di personale di polizia. Chiuse le attività laboratoriali, interrotti i colloqui con gli enti di assistenza, impedita l’attività degli sportelli di informazione legale, non è più semplice il lavoro dei poliziotti in servizio, ciascuno costretto a inseguire decine di detenuti che altrimenti avrebbero avuto altro da fare e altri a cui rivolgersi.
La chiusura di Rebibbia nelle ore pomeridiane è uno scandalo che deve finire. All’indomani della decisione la direttrice mi aveva assicurato che si sarebbe trattato di un provvedimento tanto eccezionale quanto temporaneo e che nel giro di una decina di giorni avrebbe avuto dall’amministrazione centrale il personale richiesto per assicurare la ripresa di tutte le attività. Sono passate due settimane e la situazione è tal quale. A questo punto non si può che ribadire che le carenze di personale e organizzative dell’amministrazione penitenziaria non possono essere scontate dai detenuti, già sottoposti a dure perquisizioni che hanno reso inagibile la biblioteca centrale dell’istituto e che sono state seguite da cervellotiche disposizioni come quelle sul numero massimo di scarpe e di cesti di plastica da tenere in stanza o sui divieti di stendere panni in finestra e di affiggere foto e giornali sui muri.
Non è questo il carcere di cui abbiamo discusso negli Stati generali dell’esecuzione penale voluti dal Ministro Orlando; non può essere ridotto in questo modo un istituto come quello di Rebibbia, a lungo luogo di sperimentazioni di aperture e innovazioni nella gestione penitenziaria”.