“La detenzione in pandemia è stata enormemente più dura della norma. Questa sofferenza va riconosciuta con un giorno di liberazione anticipata speciale per ogni giorno trascorso in carcere durante l’emergenza Covid”. Così il Portavoce della Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà, Stefano Anastasia, nel discorso introduttivo all’incontro pubblico “Dignità e reinserimento sociale. Quali carceri dopo l’emergenza?” organizzato dalla Conferenza dei Garanti territoriali e dalla Conferenza nazionale del volontariato della giustizia, con l’adesione del Coordinamento nazionale dei magistrati di sorveglianza e dell’Unione delle Camere penali. L’incontro si è svolto nell’aula consiliare della Città metropolitana di Roma Capitale a Palazzo Valentini. Dopo i saluti (da remoto) del sindaco metropolitano Roberto Gualtieri e della consigliera delegata alle politiche sociali della Città metropolitana di Roma Capitale, Tiziana Biolghini,
“Il sistema penitenziario italiano – ha proseguito Anastasìa – esce fortemente provato da questi due anni di pandemia. I numeri sono noti. Siamo di nuovo stabilmente sopra i 54mila detenuti, per un sistema che potrebbe accoglierne circa 50mila, se non ci fossero reparti chiusi o in manutenzione. Ma questa è la storia antica del sovraffollamento nelle carceri italiane. Quella della pandemia, invece, è storia di istituti ingessati (giustamente) dalle norme anti-Covid, con sezioni di accoglienza e di isolamento cautelativo piene, di persone assegnate a carceri lontano da casa, dai familiari e dagli avvocati, perché dove sono state arrestate non c’era posto”.
“Questa emergenza, che il Parlamento non ha voluto affrontare come avrebbe potuto sin dall’inizio della pandemia, ha fatto sì che nel tempo migliaia di detenuti siano stati destinati a centinaia di chilometri dalla ‘stabile dimora della propria famiglia’ o dal ‘proprio centro di riferimento sociale’ per semplici ragioni di esaurimento dei posti disponibili. Migliaia di persone che si sono aggiunte a quelle altre trasferite perché interi reparti erano diventati inagibili dopo le proteste del marzo 2020. Così – ha spiegato Anastasia – ora abbiamo una massa di detenuti che dovrebbe fare rientro verso la loro naturale assegnazione. E’ questa forse la prima incombenza post-emergenziale nelle carceri italiane, a cui dar seguito nel rispetto delle minime norme di prevenzione che pure dovranno essere mantenute, a tutela dei più fragili, che dalla contrazione del virus possono avere ancora gravi conseguenze di salute”.
La richiesta di un ristoro per la sofferenza subita a causa della pandemia è stata ribadita da Ornella Favero, presidente della Conferenza del volontariato della giustizia, secondo la quale “la liberazione anticipata data per la sofferenza in più è fondamentale, visto che sono due anni che i detenuti non abbracciano una persona cara, c’è ancora il vetro che lo separa dalla famiglia: questo riconoscimento – ha affermato Favero – significa anche ridurre i numeri per partire bene con le riforme attese”.
Gli interventi della ministra Cartabia e del Garante nazionale, Palma
Dopo gli interventi di Anastasìa e Favero, è intervenuta la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, secondo la quale, in questi due anni di pandemia “il carcere ha avuto un carattere più afflittivo per i detenuti, ed è stato più logorante anche per la polizia e il personale. In questa fase – ha proseguito la ministra – dobbiamo superare le contrapposizioni”, perché “non esiste un carcere della sicurezza e un carcere della dignità. La video sorveglianza ad esempio fa bene all’uno e all’altro. Dobbiamo essere concreti e lavorare in sinergia”.
“Il tempo dell’emergenza pandemica è stato anche un tempo di innovazione e sperimentazione. Il video-colloquio, ad esempio, nelle carceri in cui è stato sperimentato ha portato sollievo e allentamento della tensione, a beneficio dei detenuti ma anche di tutto l”ambiente”, ha dichiarato Cartabia. “Possiamo giovarci degli esiti di riflessioni ricchissime svolte negli anni passati, ora è giunto il momento di essere operativi a partire dalle piccole grandi cose che fanno la vita quotidiana del carcere”, ha aggiunto Cartabia. “Le assunzioni del personale, gli interventi sugli edifici, ma soprattutto le tante proposte che nella commissione Ruotolo sono state articolate a vario livello, alcune realizzabili dall’amministrazione con una circolare, che poi però va recepita. Partiamo dal basso”, perché, ha concluso la ministra, “servono interventi di sollievo concreto subito”.
“Rispetto ai numeri, alle regole, alla magistratura di sorveglianza, agli operatori e alla nuova dirigenza, vedo una tendenza del Dap a presentarsi come se tutto fosse funzionante e richiedesse solo piccole oliature. Invece, c’è bisogno di un cambiamento amministrativo prima ancora che ideologico su alcuni punti”. Lo ha detto il Garante nazionale delle persone private della libertà, Mauro Palma, nel corso del suo intervento. “Va ripresa una capacità, che c’era nel 2013, di avere un sistema informatico funzionante che dica qual è la situazione dei singoli istituti. Tutto ciò non è più così perché non si è più investito- ha spiegato Palma- Vanno rivisti i circuiti. Erano nati per dare un trattamento più indirizzato rispetto alle persone, invece sono diventati contenitori per dare meno garanzie ai detenuti. Va rivisto il modello della media e alta sicurezza che si vuole perseguire in funzione della direzionalità del percorso trattamentale che in quegli ambiti si vuole realizzare.
Vanno riviste anche le funzioni che si vogliono dare ai garanti, che devono essere sempre meno figure a cui si affidano i direttori per ottenere qualcosa o assessori per non fare qualcosa. I garanti sono figure di osservazione e controllo”. Un’ultima questione da rivedere, secondo Palma “è il sindacalismo distorto della Polizia penitenziaria nel nostro Paese. Un sindacalismo difensivo che non toglie la questione dei diritti di chi lavora ma fa sì che non trovo mai una denuncia rispetto a ciò che avviene da parte di chi deve tutelare”.
A portare il saluto delle camere penali degli avvocati penalisti italiani è intervenuto Giandomenico Caiazza, presidente Ucpi. Tra gli altri sono intervenuti Giovanni Maria Pavarin, presidente del Tribunale di sorveglianza di Trieste e coordinatore del CoNaMS; Anna Rossomando, componente della commissione Giustizia del Senato, la senatrice Angela Anna Bruna Piarulli; Rita Bernardini, presidente dell’associazione Nessuno Tocchi Caino; Lorenzo Tardella, Antigone; Samuele Ciambriello, Garante della Regione Campania; Franco Corleone, Garante del Comune di Udine; Giuseppe Fanfani, Garante della Regione Toscana; Giovanni Fiandaca, Garante della Regione Sicilia; Franco Maisto, Garante del Comune di Milano, Bruno Mellano, Garante della Regione Piemonte.