Libri, carte e parole nelle realtà carcerarie

In un volume edito dall'Università Sapienza alcune riflessioni sul ruolo della lettura dietro le sbarre

In attesa della versione cartacea, è scaricabile gratuitamente dal sito dell’Università Sapienza editrice la versione in formato Pdf del volume “Liber/liberi- Libri, carte e parole nelle realtà carcerarie”, a cura di Marta Marchetti, Pisana Posocco e Arianna Punzi che raccoglie gli atti delle tre giornate di studio organizzate dalla Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza sul ruolo che i libri hanno all’interno dei contesti penitenziari (Roma 8-10 giugno 2022)  e si interroga su come esso, in tutte le sue varie funzioni, possa contribuire in maniera sostanziale al rispetto dell’articolo 27 della Costituzione italiana per il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

A partire da una ricognizione degli spazi che nelle carceri permettono e alimentano la circolazione di libri (cella, scuola, università, laboratori, biblioteche etc.), il volume, primo della Serie Voci da dentro, esplora sia il processo di lettura praticato dai detenuti e dalle detenute (individuale e silenzioso o condiviso e orale) sia l’uso che direttori, educatori, insegnanti e operatori esterni fanno di queste risorse nei contesti carcerari. Al centro vi è la domanda comune su come il libro (di qualsiasi tipo e in qualsiasi forma) possa concretamente aiutare chi è privato della libertà personale a costruire uno spazio tutto per sé, luogo necessario per abitare qualsiasi processo di risocializzazione e cura.

Tra i diversi interventi, il secondo capitolo, scritto da Stefano Anastasìa, è dedicato al mito della prigione romantica e del detenuto politico-intellettuale, che sopravvive soprattutto nell’immaginario di studiosi che, a vario titolo, si avvicinano al penitenziario, “la prigione dell’indomito – scrive Anastasìa -, dell’uomo di pensiero e azione, dell’intellettuale che trasforma la sua cella in luogo di lettura, elaborazione e scrittura, di preparazione alla libertà e alla liberazione. È il mito della prigione come luogo d’elezione del detenuto politico, costretto dalle avversità alla prova della reclusione, dalla Ventotene di Luigi Settembrini a quella di Altiero Spinelli e degli altri padri fondatori dell’idea federalista europea, passando per la cella di Turi, in cui fu costretto Gramsci”.

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