Intervista a Stefano Anastasia di Alessandro Farruggia*
La denuncia di Anastasia (Lazio): le carceri non sono una priorità per i nostri governi. «La maggior parte dei reclusi potrebbe scontare la pena fuori. Ma mancano i sostegni»
Stefano Anastasia, garante per i detenuti del Lazio ed ex presidente di Antigone, come mai le carceri italiane sono perennemente sovraffollate, indegne di un paese civile, e nessun governo se ne preoccupa davvero?
«Sostanzialmente perché non non si riescono a trovare soluzioni alternative per le condizioni di marginalità sociale che riempiono le carceri italiane. E questo perché non è una priorità. Noi abbiamo una maggioranza di detenuti in carcere per reati minori, che potrebbe accedere a forme alternative se avesse un qualche sostegno. Ma non ce [‘hanno e così restano dentro. La realtà è che il carcere è diventata la ruota di scorta delle politiche sociali».
Un sorta di discarica sociale?
«Si, è una espressione forte ma ormai abbastanza in uso».
Avere carceri sovraffollate quanto incide sulla possibilità di rieducazione e recupero del condannato?
«Enormemente. Se le risorse a disposizione dell’amministrazione penitenziaria sono limitate, anche le possibilità di studio e di lavoro sono molte di meno. Lo stesso lavoro finisce per essere, in oltre 1’86% dei casi, lavoro interno al carcere, tipo pulizia degli spazi comuni o distribuzione dei pasti, poco qualificato e poco professionalizzante, un lavoro nel quale non c’è prospettiva di continuità oltre il fine pena. Ed è inutile una volta che si esce».
Per moltiplicare le opzioni alternative alla detenzione han lavorato diversi guardasigilli, ultimo il ministro Cartabia. È possibile fare di più?
«I numeri del le alternative al carcere sono ormai importanti. L’esecuzione della pena esterna ormai è oggi nei numeri equivalente e forse anche maggiore dell’esecuzione in carcere. Il problema vero è che queste offerte alternative si rivolgono fatalmente a chi ha una rete di re lazioni sociali esterne. Lo zoccolo duro di chi finisce in carcere e non ha una rete di conoscenze che gli crei delle opportunità, purtroppo ha maggiori probabilità di restare in carcere anche per pene di pochissimo conto. Per questo dico: la prima cosa da fare è lavorare a Ila capacità di accoglienza esterna. E poi bisogna continuare nella decriminalizzazione dei reati minori».
Il rapporto 2022 di Antigone dice che lo scorso anno è stato un anno con molti suicidi in carcere, ben 85. Come mai?
«L’affollamento incide, ma credo che lo sorso anno abbia pesato tanto anche l’uscita dal Covid. I detenuti hanno sofferto come tutti le restrizioni della pandemia ma l’anno scorso quando noi siamo tornati a una vita normale loro hanno visto approfondire il solco tra mondo libero e no. E troppi non hanno retto. Credo che nel dato drammatico dello scorso anno ci sia anche questa disperazione».
* Pubblicata sul Quotidiano nazionale di domenica 23 luglio 2023.