Con l’augurio, nel corso della conferenza on line, “che questo sia un inizio, perché noi il prossimo anno vorremmo che il tema dei maltrattanti venisse affrontato dalla Regione Lazio in modo molto più forte”, dell’assessora alle Pari opportunità della Regione Lazio, Giovanna Pugliese, si è concluso Conscious, il progetto per introdurre in ambito carcerario ed extra carcerario un modello di trattamento per gli autori di abusi sessuali e violenza domestica.
Finalizzato alla riduzione della recidiva, Conscious ha visto per oltre due anni come capofila il Dipartimento di salute mentale e patologie da dipendenza della Asl di Frosinone, in partnership con il Garante dei detenuti della Regione Lazio, con il Centro nazionale studi e ricerche sul diritto della famiglia e dei minori e il Wwp (European network for the work with perpetrators of domestic violence), e con il supporto della Commissione europea – Rights equality and citizenship programme. E proprio il Garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasìa, a informare la platea virtuale della conferenza che “nella Regione Lazio su poco più di 5 mila detenuti abbiamo ben 409 che sono in carcere per reati di riprovazione sociale, siamo quasi al 10 per cento della popolazione detenuta, un problema molto rilevante, quindi, perché’ la naturale propensione sia del sistema esterno che del sistema interno è quella al semplice confinamento di queste persone”. Ha moderato i lavori della conferenza, intitolata “Prevenzione della violenza di genere: è un diritto esigibile?” , Adele Di Stefano che ha seguito il progetto nella fase iniziale, prima di passare alla Asl Rm1. Fernando Ferrauti, direttore del dipartimento di salute mentale della Asl di Frosinone, capofila del progetto, nel portare i saluti istituzionali della Asl capofila, ha rimarcato che “soltanto con un sistema di rete e una relazione forte tra diverse istituzioni si possono ottenere risultati concreti e tangibili”.
E proprio sui risultati e gli aspetti operativi dei trattamenti realizzati presso le case circondariali di Cassino e Frosinone e nell’ambulatorio della Asl di Frosinone a un gruppo di perpetrator in condizioni di libertà sono intervenuti Antonella D’Ambrosi, project coordinator, e Nicola De Rosa, trattamento sex offender, entrambi della Asl di Frosinone. Il progetto ha visto il coinvolgimento iniziale di 93 sex offender o colpevoli di maltrattamenti in famiglia detenuti presso le case circondariali di Frosinone e Cassino, e il trattamento di 25 di loro, mentre un servizio esterno attivato presso la Asl di Frosinone si è occupato del trattamento di dieci perpetrator ex detenuti o sottoposti a misure alternative.
Sull’esperienza nella casa circondariale di Frosinone è intervenuta anche Maria Teresa Lauria, direttore aggiunto dell’istituto di pena, mentre per il Wwp European network ha preso la parola Alessandra Pauncz, la quale ha messo l’accento sull’importanza di questo progetto a livello europeo che rappresenta una cerniera tra due realtà trattamentali, quella rivolta ai sex offender e quella ai maltrattanti. Sul cambiamento culturale nella direzione della giustizia riparativa e le sue implicazioni è intervenuta Patrizia Patrizi, docente dell’Università degli studi di Sassari, ed esponente dell’European forum for restorative justice.
Sul ruolo degli avvocati nella lotta contro la violenza di genere è intervenuto Lello Spoletini del Centro studi sul Diritto di Famiglia. Sulle possibilità di trasferire il modello Conscious in altri contesti è intervenuto il professor Giovanni Torrente del dipartimento di giurisprudenza dell’università di Torino, il quale ha parlato dei due studi svolti dall’università di Torino, uno sulla replicabilità del progetto in altri contesti in ambito europeo, l’altro in materia di impatto socio-economico e sulla convenienza di Conscious in luogo di altre modalità di contrasto a tali fenomeni da parte della società.