Nella casa circondariale di Viterbo, nel 2022 ci sono stati 18 tentati suicidi e 138 gesti di autolesionismo. E’ quanto si legge nel Piano locale di prevenzione delle condotte suicidarie e autolesive nella Casa circondariale di Viterbo, approvato con la deliberazione del Commissario straordinario della Asl di Viterbo, Egisto Bianconi, n. 1281 del 10 novembre 2023, e sottoscritto dalla direttrice della Casa circondariale di Viterbo, Annamaria Dello Preite, e dal Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa.
Il nuovo piano aggiorna quello del 2018, così come stabilito lo scorso 25 settembre dal Tavolo paritetico permanente per la tutela della salute delle persone detenute, di cui fanno parte tutte le istituzioni del territorio che operano in ambito carcerario interessate al sistema di erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione. Il Piano riguarda il carcere “Mammagialla” e il reparto di medicina protetta dell’ospedale Belcolle di Viterbo, dove sono presenti dieci posti degenza per le persone detenute.
Referente per il piano è la direttrice dell’istituto penitenziario. Al Tavolo paritetico, che dovrà riunirsi con cadenza almeno semestrale, sono demandate le azioni di monitoraggio e la tenuta del Piano, in relazione agli obiettivi prefissati e all’analisi degli indicatori di processo e di esito misurati.
“E’ concretamente dimostrato come l’impatto con il carcere rappresenti un momento traumatico della vita di un individuo”, è quanto si legge nella premessa, in cui sono individuati una serie di aspetti in grado accrescere il rischio di condotte suicidarie e autolesive, quali il sistema di regole per sua natura connotato in maniera restrittiva, il sovraffollamento (135 per cento con 593 detenuti presenti al 23 febbraio 2023), la carenza di personale, “le scarse attività lavorative e occupazionali che non consentono a tutti i detenuti di intraprendere un proficuo percorso riabilitativo”, la deprivazione affettiva e sessuale. Di qui la necessità di definire, in un’ottica interdisciplinare che interessa Polizia penitenziaria, personale sanitario, psicologi, funzionari giuridici pedagogici, assistenti sociali, collaboratori del Garante, volontari e tutte le altre figure che operano in ambito penitenziario, un modello di lavoro interdisciplinare, “per intercettare, prevenire e trattare in modo coordinato, celere, adeguato e continuo, i momenti di criticità rappresentati dal singolo detenuto”, individuare gli ambiti e i segnali per valutare il disagio sintomatico di un rischio suicidario, promuovere la cultura dell’ascolto e dell’attenzione e attuare azioni di miglioramento del contesto di detenzione.
Staff multidisciplinare per prevenire e gestire il rischio
Quali momenti potenzialmente critici sono individuati l’ingresso e l’accoglienza in carcere, i colloqui con i familiari, la comunicazione di eventi traumatici a carico della persona detenuta e dei suoi familiari, la fase pre e post processuale e le reazioni alle relative notifiche. Lo staff multidisciplinare è la sede nella quale affrontare, ad opera delle varie professionalità e competenze presenti, l’analisi congiunta delle situazioni a rischio. Lo staff multidisciplinare è composto da tutti gli operatori coinvolti nella gestione del programma di prevenzione, si riunisce due volte al mese in seduta ordinaria e in seduta straordinaria per ragioni di urgenza su richiesta, indirizzata alla direzione dell’istituto, di qualsiasi area interna (area sicurezza, area trattamentale, area sanitaria).
Tutti i casi di rischio sono discussi dallo staff.
Durante le riunioni vengono valutate le situazioni a rischio per le quali sono predisposti i programmi individualizzati di presa in carico congiunta, secondo le necessità rilevate che si integrano, quando al rischio espresso si associano dei bisogni di salute, con il Progetto individuale di salute. L’intervento di prevenzione e gestione del rischio è suddiviso in quattro fasi: accoglienza e screening dei soggetti privati della libertà, nuovi giunti e trasferiti; determinazione dello stato di rischio; interventi a favore dei soggetti ritenuti a rischio; interventi di rivalutazione del rischio rivolti a tutta la popolazione detenuta. Nel Piano sono descritti nel dettaglio tutti gli adempimenti e le azioni che i vari attori coinvolto devono attuare.