Con poco più di due euro a testa si volevano servire ai detenuti tre pasti al dì. Per questo, la sezione regionale di controllo per il Lazio della Corte dei conti ha ricusato il visto di legittimità ad alcuni decreti del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria (Prap) di Lazio, Abruzzo e Molise, di approvazione di alcuni contratti per l’affidamento del servizio per il vitto dei detenuti e internati. Tre appalti riguardano i quattro istituti penitenziari romani di Rebibbia, e quelli di Civitavecchia, Viterbo, Frosinone, Cassino e Latina.
La Corte dei conti ha ritenuto opportuno segnalare tale anomalia alla ministra della Giustizia, al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), all’Autorità nazionale anticorruzione, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, al Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale e al Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio.
“La presente segnalazione – si legge nella lettera sottoscritta dal presidente del Collegio del controllo preventivo, Antonio Mezzera – è dovuta al generalizzato, straordinario ribasso con cui vengono affidati tali contratti di fornitura di vitto giornaliero completo per i detenuti (colazione, pranzo, cena) per un importo sempre di poco superiore ai due euro, circostanza difficilmente compatibile con una dignitosa alimentazione della popolazione carceraria”.
“È antica questione – è il commento del Garante Anastasìa – quella della compensazione tra vitto e sopravvitto in carcere. Detenuti, garanti e operatori penitenziari la conoscono bene. Solo per fare un esempio, era uno dei temi sollevati da un reclamo collettivo dei detenuti della Casa di reclusione di Rebibbia ai primi di agosto. E bene ha fatto la Corte dei conti per il Lazio a contestare non solo l’aggiudicazione degli appalti del vitto a quei costi unitari incredibili, ma anche a segnalare alle autorità competenti la necessità di un cambio radicale di usi e costumi, che garantisca effettivamente alle persone detenute un’alimentazione sana e sufficiente, come previsto dalla legge. I garanti vigileranno – conclude Anastasìa – insieme con la magistratura di sorveglianza, sulla applicazione di quanto richiesto dalla Corte dei conti”.
Secondo la Corte dei conti l’appalto del vitto e sopravvitto nelle citate carceri ha profili di illegittimità procedurale, ma è illegittimo anche sul piano delle garanzie “per i detenuti negli istituti di pena, dei basilari principi umanitari desumibili dagli artt. 27 e 32 della Costituzione”.
Prendendo in esame uno dei tre contratti riguardanti il Lazio, l’aggiudicatario dell’appalto per i quattro istituti penitenziari di Rebibbia ha offerto un ribasso del 57,98 per cento sulla diaria pro capite di 5,70 euro, con impegno alla consegna delle derrate alimentari necessarie al confezionamento dei pasti giornalieri completi a un prezzo di 2,39 euro.
La Corte dei Conti del Lazio nota anche che il sopravvitto – vale a dire gli alimenti da acquistare negli empori interni agli istituti – diventa una impropria compensazione per la ditta vincitrice che da una parte fornisce un vitto a bassissimo costo, ma dall’altra guadagna maggiori introiti ricavabili dal sopravvitto.
Scrive la Corte dei conti: “I dati forniti in ordine al valore economico del sopravvitto per il lotto in esame (superiore al 50 per cento del corrispondente valore del servizio di vitto indicato nel disciplinare di gara) inducono, altresì, a escluderne, anche sotto questo profilo, il carattere meramente accessorio rispetto al servizio principale e obbligatorio del vitto e a rilevare il rischio, nel meccanismo posto in essere, di improprie compensazioni, da parte delle imprese, tra minori costi del vitto e maggiori introiti ricavabili dal sopravvitto, potendo l’affidamento allo stesso soggetto dei due servizi essere foriero di un potenziale conflitto di interessi a discapito della qualità dei servizi alimentari primari offerti ai detenuti, per la qual cosa l’amministrazione è tenuta a vigilare diuturnamente con rigore estremo sulla qualità e quantità del vitto e sulla varietà e i prezzi imposti per il sopravvitto”.